(Acs) Perugia 26 aprile 2012 – Garantire al massimo la netta separazione fra gli ospiti anziani effettivamente autosufficienti e quelli che prima o poi avranno bisogno di assistenza e cure mediche; assicurare controlli sistematici sulle gestioni private, senza pretendere standard di base come il bagno obbligatorio in camera che non hanno nemmeno gli ospedali pubblici; riconoscere alle cosiddette residenze servite per anziani autosufficienti quel ruolo di nuovo welfare che, a fronte della crisi finanziaria che stiamo attraversando non può gravare sui bilanci degli enti pubblici.
Sono queste le principali considerazioni emerse a Palazzo Cesaroni, nel corso di una audizione voluta dalla terza Commissione consiliare con le organizzazioni sociali e gli addetti ai lavori, sui contenuti del Regolamento regionale per l'autorizzazione delle residenze private, destinate ad ospitare anziani autosufficienti che si pagano la retta di tasca propria.
Rispetto al testo di Regolamento, illustrato dall'assessore Carla Casciari in terza Commissione nove giorni fa e che disciplina tre tipi di servizi: quello semiresidenziale della Casa di quartiere e quelli, residenziali, del Gruppo appartamento e della Residenza servita, l'attenzione degli intervenuti si è concentrata soprattutto su quest'ultima tipologia.
GLI INTERVENTI:
Sabrina Tini (Anastase) ha chiesto un censimento, preventivo rispetto al regolamento, delle case di riposo private oggi attive in Umbria, anche per evitare possibili sanatorie dell'esistente. Per Giorgio Menchini (Cisl) Il testo è carente sui meccanismi per garantire che ci sia continuità assistenziale, quando gli ospiti autosufficienti non saranno più tali e per loro “dovrà essere trovata una soluzione di assistenza continuativa, nell'ambito della stessa struttura, evitando spostamenti traumatici fino al caso estremo di dover separare due coniugi ospiti. Serve anche affidare compiti di vigilanza e controllo sulla gestione privata ad una apposita commissione, da istituire”. Un giudizio “sostanzialmente positivo” del Regolamento, lo ha dato Paolo Del Caro (Spi-Cgil), per il percorso chiaro e certo che fissa in 180 giorni il limite massimo di tempo per i ricoveri di chi non è più autosufficiente. “Carente” ha invece giudicato: l'assenza di sanzioni su questo punto; la mancanza di una carta dei servizi a garanzia degli ospiti; e il fatto che spetta ai privati, e non alla Regione, fissare le rette a carico degli ospiti. Carlo Di Somma (Confcooperative) si è dichiarato contrario ad ogni forma di sanatoria dell'esistente ed ha aggiunto,”bisogna prendere atto che si tratta di assistere solo anziani autosufficienti, con alberghi dedicati, per i quali è teoricamente sufficiente solo un portiere; mentre il servizio per non autosufficienti prefigura ben altra tipologia di residenza, con più servizi e ad un livello necessariamente più basso”. Fabio Vallorini (Cooperative Agci) ha invece insistito sul fatto che “proprio nel momento in cui si riducono le risorse per il sociale, bisogna salvaguardare i servizi erogati alla persona, garantendo il passaggio alla assistenza per non autosufficienti all'interno della stessa struttura”. Di “nuovo welfare, alternativo a quello familiare”, ha parlato Andrea Bernardoni (Lega Coop) precisando che questa soluzione per soggetti effettivamente autosufficienti, non può gravare sulla finanza pubblica, ma coprire nuove esigenze della società che dovrebbero legarsi soprattutto al recupero di spazi urbani inutilizzati. Ha chiuso gli interventi Ansaldo Ruina (presidente Case di riposo private) affermando che: “è estremamente difficile sul piano medico certificare la autosufficienza, non è chiaro il concetto di contesto urbano in cui dovrebbero sorgere le nuove strutture per anziani autosufficienti, è sbagliato pretendere parametri rigidi come il bagno obbligatorio in ogni camera che non garantiscono nemmeno gli ospedali pubblici”. GC/gc