CREL (2): CONCLUSI I LAVORI DELLA CONFERENZA REGIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO – GLI INTERVENTI – LE CONCLUSIONI DELLA PRESIDENTE MARINI
Conclusi i lavori della Conferenza regionale dell’economia e del lavoro convocata dall’Assemblea legislativa dell’Umbria presieduta da Donatella Porzi. Dopo le relazioni introduttive della presidente Porzi, Bracalente e e Montrone (UniPg), Rossetti (Regione Umbria), Cestari (Centro studi Sintesi), Paparelli (assessore regionale sviluppo economico) (https://goo.gl/FCPXrF) si è sviluppato un articolato dibattito di rappresentanti di associazioni di categoria, del sindacati, del credito nel corso del quale è emerso come dato omogeneo di concorrere - ciascuno nei distinti ruoli e funzioni, con accentuazioni particolari e approcci diversi - a costruire occasioni di concreto e strategico sviluppo per l’Umbria. Le conclusioni della presidente Marini.
12 Nov 2018 17:30
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(Acs) Perugia, 12 novembre 2018 – Conclusi i lavori della Conferenza regionale dell’economia e del lavoro convocata dall’Assemblea legislativa dell’Umbria presieduta da Donatella Porzi. Dopo le relazioni introduttive della presidente Porzi, Bracalente e e Montrone (UniPg), Rossetti (Regione Umbria), Cestari (Centro studi Sintesi), Paparelli (assessore regionale sviluppo economico) (https://goo.gl/FCPXrF) si è sviluppato un articolato dibattito con interventi di rappresentanti di associazioni di categoria, del sindacato, istituzionali nel corso del quale è emerso come dato omogeneo la volontà di concorrere - ciascuno nei distinti ruoli e funzioni, con accentuazioni particolari e approcci diversi - a costruire occasioni di concreto e strategico sviluppo per l’Umbria. Nelle sue conclusioni, la presidente Catituscia Marini ha detto che il confronto di oggi all’interno del Crel serve a “condividere un percorso per aiutare l’Umbria ad aumentare la capacità produttiva delle imprese, rinforzare gli investimenti per l’innovazione e ricerca in tutti i settori economici”.
INTERVENTI:
Nicola BARBERA (direttore filiale di Perugia Banca d’Italia): “Il contesto generale è pesante: IL PIL DELL’UMBRIA NEGLI ULTIMI 10 ANNI È RISULTATO INFERIORE DEL 15 PER CENTO RISPETTO A DIECI ANNI FA MENTRE A LIVELLO NAZIONALE IL CALO È POCO PIÙ DEL 5 PER CENTO. Gli investimenti rappresentano il punto più debole e si ha la massima flessione: 44 per cento in meno, mentre il dato nazionale è sì in calo, ma del 21 per cento. La risalita è iniziata, C’È STATA UNA RIPARTENZA MA LA STRADA È MOLTO LUNGA E INCERTA, SERVONO INTERVENTI INCISIVI E SINERGICI PER UN VERO RILANCIO. Nella prima parte del 2018 l’economia ha continuato a crescere ma in maniera troppo debole, anche a causa del contesto non certo favorevole causato dall’aumento delle tensioni internazionali e dai problemi dei paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda l’economia umbra, gli ordini di fatturato industriali sono soddisfacenti, bene le imprese che operano sui mercati esteri, per la prima volta aumenti anche per le piccole imprese. Segnali positivi nei servizi, ma non nel commercio, che è negativo, il turismo va bene, ma non nei comuni più colpiti dal sisma; i numeri assoluti fanno registrare un incremento di arrivi, ma le presenze complessive sono ancora quelle del 2006. L’edilizia soffre, la ricostruzione ancora non morde. Sul fronte creditizio vi sono segnali di rallentamento delle imprese umbre rispetto al dato nazionale perché molte hanno dovuto restituire i fondi messi loro a disposizione negli anni precedenti, elemento questo di freno e preoccupazione. Il credito all’edilizia presenta dati negativi. Vi sono differenze nel trattamento creditizio fra aziende medio-grandi e di piccole dimensioni, con le ultime che fanno fatica a rinnovarsi. Dal 2015 i prestiti sono scesi a tassi sostenuti, meno 3 per cento l’anno in media. Tassi di interesse a breve meno favorevoli per le piccole imprese, che hanno un costo aggiuntivo di 3 punti percentuali ora cresciuto a 4, mentre in Italia è l’1 per cento. Solo una parte delle piccole imprese è fuori da questo circolo vizioso, quelle che stanno in filiera: forniscono aziende che vanno bene e riescono ad avere maggiori finanziamenti e fanno più innovazione tecnologica e digitalizzazione. Ha inciso il fatto che negli ultimi 10 anni si è ridotta la quota di intermediari creditizi presenti in Umbria; la presenza di banche autonome in genere fa da contrappeso. Venti anni fa le banche umbre coprivano il 40 per cento dei finanziamenti ai residenti, a fine 2018 le due rimaste coprono il 4,5 per cento. L’UMBRIA È UNA REGIONE PROVATA DA CRISI LUNGA E INTENSA CHE ANCORA OGGI SI RIPERCUOTE SULLA RIPRESA. SE NON SI RIESCE A IRROBUSTIRE LE COMPONENTI CHE SI SONO RIVELATE PIÙ FRAGILI, È DIFFICILE FARE UN SALTO DI QUALITÀ. Le infrastrutture sono un nodo fondamentale: si è fatto molto, ma serve un aggancio strutturale all’alta velocità. Importante la qualità del managing delle imprese, occorre favorire il ricambio generazionale; in Umbria c’è fase critica rispetto al resto d’Italia. Occorre anche rafforzare il capitale umano, sviluppare alta tecnologia, rafforzare l’attrattività del territorio per invogliare a venire in Umbria a lavorare”.
Renato CESCA (presidente Cna Umbria, anche a nome di Confartigianato e Confcommercio): “La rimodulazione dei Fondi europei 2014-2020 e dei fondi che arriveranno dal 2021 saranno le uniche risorse per le imprese, che sono alle prese con gli effetti della crisi economica e le necessità derivanti dal processo di innovazione tecnologica e digitale. L’incremento di disuguaglianza e povertà genera mancanza di fiducia e paura e i giovani pagano il prezzo alto. Va compresa la complessità di questa situazione e bisogna trovare il coraggio di avviare insieme una nuova fase di sviluppo. I nuovi driver dello sviluppo sono l’innovazione digitale e la sostenibilità. Serve una maggiore competitività di tutto il sistema imprenditoriale, creditizio e amministrativo, servono infrastrutture, migliore formazione per il lavoro a partire dalla scuola e migliore funzionamento della giustizia. Riteniamo fondamentale considerare che LE IMPRESE HANNO PROBLEMATICHE DIFFERENTI A SECONDA DELLA LORO DIMENSIONE E SERVE PERTANTO UNO SVILUPPO SU MISURA. Bisogna adottare politiche verticali per i grandi progetti di sviluppo ma anche orizzontali per le micro e piccole imprese. Risposte diverse per l’accesso al credito a seconda delle dimensioni delle imprese. Occorre reperire profili professionali adeguati alle esigenze delle imprese: NONOSTANTE I VARI TENTATIVI, LA DISTANZA FRA IL MONDO DELLA SCUOLA E QUELLO DELLE IMPRESE SI È FATTA ANCORA PIÙ AMPIA, DIFFICILE TROVARE GIOVANI ADEGUATAMENTE FORMATI, imprescindibile l’aggiornamento delle competenze. Occorre costruire una nuova formazione professionale partendo da una analisi delle esigenze delle imprese. Corsi Ifts accanto a quelli its. Per l’innovazione tecnologica e digitale servono investimenti in modo da digitalizzare processi produttivi, canali di vendita e analisi dei mercati. Rifinanziare il progetto industria 4.0 per la digitalizzazione delle piccole imprese, auspicabile l’introduzione dei voucher. Bene i bandi della Regione per permettere alle imprese di entrare su nuovi mercati. Per il Turismo serve una promozione integrata a livello internazionale del nostro territorio, magari puntando su paesi target individuati. La crescita dimensionale passa per l’acquisto di nuove tecnologie, per cui i contributi in conto capitale sono fondamentali. Occorre sviluppare progetti per l’innovazione anche per permettere nuova occupazione”.
Antonio ALUNNI (Confindustria Umbria): “Il lavoro deve essere al centro della politica. I dati presentati dimostrano che L’INDUSTRIA UMBRA STA OTTENENDO RISULTATI E NUMERI IMPORTANTI, DIMOSTRANDO CHE QUESTO TERRITORIO PUÒ ESSERE COMPETITIVO. Siamo soddisfatti che l’industria sia tornata al centro del dibattito. Il tema è quali scelte fare in tema di politiche regionali, e l’industria deve essere il punto primario di attenzione. La manifattura deve poter competere nel mercato globale. Ed avere una dimensione adeguata per accogliere i giovani che si formano nelle nostre università. Dobbiamo condividere gli obiettivi che vogliamo darci in termini sistemici. Ma bisogna agire con rapidità: dobbiamo essere veloci nel capire le traiettorie di sviluppo più importanti. SE CRESCE L’INDUSTRIA ALLORA CRESCONO ANCHE IL TERZIARIO, IL COMMERCIO, LA QUALITÀ DELLA VITA DEL NOSTRO TERRITORIO”.
Giorgio MENCARONI (Unioncamere Umbria): “Politiche separate portano a scarsi risultati e non hanno senso in una regione piccola come l’Umbria. Con i consorzi fidi si è persa un’occasione importante. Non dobbiamo ripetere l’errore. LE CAMERE, CHE SPERO A BREVE SARANNO UNITE, FARANNO UNA SFORZO PER L’INNOVAZIONE. Ci mettiamo a disposizione del sistema umbro. In uno stato di grande debolezza come quello attuale è necessario che alcuni temi complementari vengano analizzati nella collaborazione tra Regione, Camere di Commercio e altre istituzioni. Tema centrale sono le infrastrutture, in particolare Quadrilatero e aeroporto dell’Umbria”.
Claudio BENDINI (Segretario generale Uil Umbria): “MANCANO GLI INVESTIMENTI IMMATERIALI TENERE MAGGIORMENTE CONTO CHE IL FUTURO È BASATO SULL’INNOVAZIONE - La ricerca sulla produttività illustrata oggi ci dà importanti risultati facendo luce su alcuni elementi positivi. Tuttavia dobbiamo capire i problemi che portano l’Umbria a stentare un po’ di più. Questo aspetto va messo alla base della costruzione di un patto che guardi allo sviluppo con nuovi percorsi. Serve un patto operativo e verificabile. Un nuovo modo di gestire la cosa pubblica con maggiore condivisione ed approfondimento. Oggi le prospettive sono meno positive rispetto al passato. Mancano gli investimenti immateriali, quando bisognerebbe tenere maggiormente conto che il futuro è basato sull’innovazione che ruota sul piano Industria 4.0. È giusto parlare di diagnosi, ma va trovata la giusta terapia. È indispensabile poter valutare gli effetti prodotti dalle politiche messe in campo. La cultura del merito e della valutazione è troppo assente. Serve agire concretamente perché la crisi economica potrebbe trasformarsi in crisi sociale. L’auspicio è che questa giornata possa essere ripetuta con almeno una cadenza annuale”.
Filippo CIAVAGLIA (Segretario generale Cgil Umbria): “COLLOCARSI IN UN QUADRO EUROPEO ATTRAVERSO LA MESSA A FILIERA DELL’INTERO SISTEMA - Quella di oggi è una iniziativa importante perché ci fa prendere atto dell’insieme del sistema produttivo regionale. Un elemento centrale emerso è quello della bassa produttività. Per quanto concerne l’aspetto del lavoro si registra un aumento di quello precario. Aumenta il numero di persone che vivono da sole e questo incide nel welfare aggiuntivo. Come pure sono in aumento le diseguaglianza: circa 90mila umbri vivono sulla soglia della povertà. C’è un avanzamento del terziario piuttosto che del manifatturiero. È emersa la necessità di una gestione aziendale di maggiore spessore. La perdita di Pil rappresenta una zavorra, per raggiungere i livelli pre-crisi bisogna operare nell’insieme del sistema imprenditoriale regionale. Preoccupano le situazioni lavorative che interessano molti giovani. Concordo con quanto è stato già sottolineato e cioè l’importanza degli investimenti pubblici che, soprattutto, privati. Sarebbe necessario ragionare su una tassazione progressiva Comune per Comune. È indispensabile garantire servizi alle imprese attraverso la formazione e la messa a punto di strutture materiali ed immateriali. Bisogna collocarsi in un quadro europeo attraverso la messa a filiera dell’intero sistema”.
Mauro AGOSTINI (direttore Sviluppumbria): “Se scegliamo il Tum (Toscana, Umbria e Marche) come sistema integrato di sviluppo fra territori simili con enorme presenza della manifattura che incide molto sul Pil, proviamo a fare politiche integrate su temi comuni. Per il 2021-2027 con Toscana e Marche dobbiamo parlarci. Dal 2015 vi sono segni di ripresa dell’attività produttiva, esportazioni e tasso di occupazione, con crescita della produttività. E anche delle criticità nei servizi tradizionali. Produttività e redditività non sempre vanno insieme perché efficienza e redditività si contrappongono ai benefici immediati. Un pezzo delle imprese umbre con bassa produttività ha redditività molto elevata, ma apportano meno ricchezza sociale. A buona produttività sono associati qualità e remunerazione del lavoro e anche internazionalizzazione. Sulla produttività che è cresciuta ma c’è ancora un gap, si può intervenire con politiche pubbliche e private. Internazionalizzazione: è uscita la rilevazione Istat sul primo semestre 2018: l’Umbria è la regione con miglior performance nelle esportazioni. Sono stati aggiornati gli strumenti a sostegno dell’internalizzazione ma, a fronte dei risultati, resta spazio su cui si può lavorare: la contribuzione dell’export sul Pil regionale è più bassa che a livello nazionale. Managerialità: non è mai piaciuto a me che chi fa la programmazione pubblica possa assumere l’atteggiamento di chi insegna al privato come si fa il mestiere del privato, non c’è niente di più lontano da me. Resta il fatto che è evidente dalla ricerca e considerazioni fatte che noi abbiamo un problema serio di managerialità che rispetto alla ricerca non è solo un problema di managerialità nel privato. È un problema trasversale, che riguarda l’impresa privata ma anche la pubblica Amministrazione. Perché questa storia che il problema della spesa pubblica sia tutto riducibile agli incrementi o tagli di spesa pubblica è una sciocchezza, perché spesso con le stesse risorse in entrata di spesa pubblica l’output è differente a seconda di chi le gestisce. Tale è il discorso dell’impresa privata che si riflette sui passaggi generazionali. Il passaggio è tanto meno difficoltoso quanto più è strutturata da un punto di vista manageriale l’impresa. Se il secondo tema è la managerialità bisogna fare politiche che vadano in questa direzione, sia dal versante privato che pubblico. Internazionalizzazione: LE SCELTE VANNO FATTE NELL’IMMEDIATO, CON I PROSSIMI DEF, TENENDO PRESENTE CHE RISPETTO AL 2014-20 C’È ANCHE UN ALTRO TEMA PRIORITARIO PER L’UE: FARLO ATTRAVERSO UN ACCORDO FORZE SOCIALI-ISTITUZIONI”.
Riccardo MARCELLI (segretario regionale Cisl Umbria): “Partiamo sempre dalla centralità della persona e dal capitale umano. Il modello centro Italia è andato in crisi, serve cambiare modello. LA CRISI STA AVENDO EFFETTI DIROMPENTI CHE PERDURANO. I DATI VANNO BENE IN RIFERIMENTO ALLA QUANTITÀ DEL LAVORO, MA NON DICONO DELLA QUALITÀ DEL LAVORO. Occorre riorientare il modello di sviluppo. Investimenti sì e qualificati, che mirano ad avere un capitale umano qualificato. Occorre portare avanti un ragionamento con le regioni perché i fondi europei prevedono la collaborazione e quando si parla di Tum, Toscana-Umbria-Marche, ricordiamoci che il Comune di Terni guarda anche al Lazio, all’Abruzzo, teniamolo presente se gli sforzi devono essere fatti in maniera congiunta. Occorre anche conoscere i risultati di quanto fatto fino ad oggi, per evitare di commettere gli stessi errori è necessario conoscere i dati. Stiamo ancora cercando dei profili che le aziende non trovano. L’Umbria ha presenza di importanti multinazionali, che potrebbero essere una risorsa per favorire gli investimenti. Riformare gli strumenti per la produttività su innovazione e ricerca. Staffetta generazionale, bene un reddito di transizione, rivendicando la doverosa responsabilità sociale delle aziende. Non autosufficienza, liste d’attesa, tutto deve stare in piedi insieme. Ognuno dovrà fornire il proprio contributo”.
BERNARDONI (Legacoop): “La fotografia fatta stamani da Bracalente e Montrone offre una situazione chiara, che va anche a smentire alcuni luoghi comuni, quindi è estremamente utile. Ma guardando alla regione e alle dinamiche di sviluppo, non possiamo non guardare anche più indietro, come era l’Umbria fino alla crisi e com’è oggi. QUESTIONE CENTRALE È NECESSITÀ DI ANDARE A RICOSTRUIRE IN MODO COLLETTIVO UNA VISIONE PER L’UMBRIA DA QUI A VENTI ANNI. Negli anni Settanta si aprì una stagione di sviluppo, ma già prima che arrivasse la crisi era in una fase di stanchezza. Oggi ci sono le condizioni giuste per nuovi modelli di sviluppo, nuova visione e identità produttiva della regione. Una parola chiave è sostenibilità: Umbria cuore verde, adesso potrebbe avere un senso ragionare su Umbria sostenibile, sulla base del dettato di agenda 23 dello sviluppo Onu, unitamente alla caratteristica della sostenibilità sociale, che deve essere considerata. Per dimensioni e competenze diffuse ci sono le condizioni per rendere l’Umbria un laboratorio di sostenibilità e riconvertire processi produttivi e nuova sostenibilità sociale, ripensando i modelli di intervento. Il pubblico può moltiplicare le risorse, incorporando obiettivi di natura sociale e ambientale. Altra parola chiave è collaborazione, nel senso di costruire filiere, una vera economia di reti per competere. Quindi, la partecipazione: nel secolo scorso c’è stata massima partecipazione in Umbria grazie a partiti e organizzazione cattoliche. Oggi si mette al centro il ruolo dei cittadini impegnati in prima persona nel prendersi cura dei beni comuni; questo potrebbe essere un tassello della trasformazione dei servizi pubblici. Altro termine chiave è velocità: i giovani che vogliono creare una start up si trovano davanti a un tempo minimo di tre mesi di attesa, che per loro sono un abisso. Si dovrebbe anche fare in modo che i beni pubblici che al momento sono asset inutilizzati diventino utili per costruire nuove imprese”.
Catiuscia MARINI (Presidente Regione): “Il confronto di oggi all’interno del Crel serve a condividere un percorso per aiutare l’Umbria ad aumentare la capacità produttiva delle imprese, rinforzare gli investimenti per l’innovazione e la ricerca in tutti i settori economici,
a cominciare da quello manifatturiero che rappresenta, come i dati dimostrano, la dorsale della crescita e del lavoro di questa regione. Inoltre giornate come quella di oggi sono utili per affrontare i temi più rilevanti dell’OCCUPAZIONE: qualità e livello retributivo. Ma il Crel è utile anche per condividere le politiche che abbiamo portato avanti fin qui, e che in parte producono significativi risultati, e per affrontare le SFIDE DI PROGRAMMAZIONE pubblica in vista dei nuovi fondi strutturali post 2021. Aumentare la qualità dello sviluppo e la produzione di ricchezza serve anche alla redistribuzione sociale. La ricerca presentata oggi ha affrontato il tema della PRODUTTIVITÀ COME COMPONENTE CHE FAVORISCE IL BENESSERE per i cittadini. Affrontando alcune politiche attive di investimenti noi contribuiamo al benessere sociale più che con alcune politiche di welfare tradizionale. Ad esempio investendo sul segmento delle imprese ad alta produttività. Il manifatturiero rappresenta la spina dorsale della crescita, la sala macchine della crescita, e muove anche il terziario avanzato. Qui è un punto su cui lavorare ad esempio con i progetti di ricerca complessi, più faticosi, ma che incidono strutturalmente. Dobbiamo ESTENDERE LA FASCIA DELLE IMPRESE IN GRADO DI AUMENTARE LA PRODUTTIVITÀ. Questo tema lo dobbiamo aggredire anche sul ‘corpaccione’ del terziario tradizionale, per scalfire le difficoltà strutturali, sperimentando qualcosa di nuovo per portarlo nella parte più avanzata. Altro tema è come aiutiamo le imprese a far si che ci sia PIÙ LAVORO ANCHE QUALIFICATO, ad assorbire la formazione mirata, i giovani lavoratori da inserire per la prima volta ma anche i lavoratori adulti. Con Umbria Attiva abbiamo messo in campo qualcosa ma altre azioni vanno pensate. Le INFRASTRUTTURE TECNOLOGICHE E DIGITALI hanno influenza sulla produttività e sulla propensione all’innovazione. L’economia digitale può dare un contributo alla competitività del sistema economico e produttivo. Su questo abbiamo degli spazi di manovra. La SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE è un aspetto su cui lavorare per arrivare ad un cambio tecnologico e di qualità della produzione. Affrontare i nodi della PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO ci permette di declinare temi della flessiblità del lavoro sul versante delle opportunità. Più si è tradizionali e più si è esposti alla precarietà del lavoro. Più si è parte innovativa e più la flessibilità può diventare un’opportunità. La Regione potrebbe essere protagonista attiva di una sperimentazione di un modello di rete delle piccole imprese. Nel BILANCIO noi confermiamo alcune politiche regionali di investimenti, anche grazie all’accordo Stato-Regioni che ha liberato risorse per infrastrutture, dissesto idrogeologico, patrimonio pubblico, sostegno a imprese con strumenti regionali. Sono preoccupata per impresa 4.0: non si può pensare alla spesa sociale contrapposta alla crescita e lavoro. Insieme dobbiamo ribaltare l’approccio che pensa di poter fare sviluppo solo con le politiche di welfare. Nel 2019 costruiremo gli accordi per il post 2021. Le 5 linee tematiche, rispetto alle 9 attuali, ci consentiranno di lavorare con più flessibilità. Tutto il tema del SAPERE e della CONOSCENZA, il lavoro fatto su scuola, Its, alternanza scuola-lavoro, lotta all’abbandono scolastico, reinserimento dei giovani nei percorsi di istruzione, bassa quota dei neet. Questo lavoro nella nuova programmazione lo dobbiamo incentivare perché strettamente connesso al lavoro per l’aumento della produttività. Nel XX secolo abbiamo immaginato come tenere insieme sviluppo economico e coesione sociale. Oggi la sfida è se anche nel XXI secolo possiamo farlo: saremo in grado a METTERE INSIEME SVILUPPO CON COESIONE SOCIALE E REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA? Sono convinta di sì, ma forse la forma non è più quella che conoscevamo”. PG/AS/DMB/MP
