“Chi rifiuta il termovalorizzatore indichi i luoghi dove aprire le nuove discariche”
Valerio Mancini (Lega) critica le dichiarazioni del sindaco di Perugia: “i siti di conferimento saranno presto esauriti, la termovalorizzazione è necessaria per non piombare nell’emergenza”
13 Ago 2024 10:10
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(Acs) Perugia, 13 agosto 2024 - “Si fa presto a fare gli ecologisti e gli ambientalisti con le discariche degli altri. Gli amministratori dei Comuni che rifiutano per principio di ospitare un impianto di termovalorizzazione si facciano allora carico della presenza e della gestione trentennale di una discarica, una situazione che alcune realtà, come Città di Castello, Orvieto e Magione vivono da anni”. Valerio Mancini (presidente della Seconda commissione) interviene in merito alle dichiarazioni del sindaco di Perugia e di alcuni altri amministratori comunali “che si sono schierati in modo aprioristico contro la costruzione di un termovalorizzatore nel loro territorio”.
”Da presidente della Seconda commissione, che ha approvato il vigente Piano rifiuti, e da cittadino dell’Alto Tevere, mi ritengo direttamente coinvolto in quella che non è soltanto una ‘polemica estiva’ ma il segnale di un approccio antiquato e ideologico ad un problema concreto come quello della chiusura del ciclo dei rifiuti. I numeri non lasciano spazio a interpretazioni. L’Umbria produce ogni anno 450mila tonnellate di rifiuti urbani (prodotti da famiglie, ristorazione, attività commerciali, etc), a cui si aggiungono i rifiuti speciali del sistema produttivo e industriale, che impattano in parte sul sistema complessivo dei conferimenti in discarica. La raccolta differenziata vale 300mila tonnellate, dopo i vari procedimenti di lavorazione il 20% di essa (circa 60 mila tonnellate) non recuperabili, finiscono comunque in discarica. Restano dunque fuori dalla filiera circa 200 mila tonnellate, che dal 2035 non potranno più essere conferite nei siti di stoccaggio perché le più recenti normative europee impongono che non più del 10% dei rifiuti prodotti totali possa essere destinato alle discariche. La relazione generale del Piano rifiuti (pagina 48, figura 2-9) fornisce una rappresentazione chiara delle soluzioni proposte. L’Umbria invia in discarica il 32% dei propri rifiuti, nonostante il grande sforzo di cittadini e imprese, gravati da una Tari sempre crescente. Solo un impianto a recupero di energia può assicurare autonomia ed indipendenza alla regione e allineare le tariffe del servizio alle migliori performance delle regioni del nord”.
”I colleghi consiglieri di opposizione, come Fabio Paparelli, sembrano ignorare - prosegue Valerio Mancini - quanto previsto dal vecchio Piano rifiuti, approvato nel 2009, che pure votarono e sostennero: in quel documento c’erano non uno ma ben due impianti di incenerimento. Esso in seguito venne aggiornato prevedendo di bruciare il Css nelle cementerie. Nel 2024, a fine legislatura, immemore di quanto detto e fatto nel passato, dopo 9 anni dalla scadenza del vecchio Piano, il centrosinistra si risveglia e torna a filosofeggiare intorno a sistemi in cui il solo riciclaggio possa risolvere ogni problema nella gestione dei rifiuti. Si tratta di posizioni ideologiche, politicamente deboli e fondate sulla non conoscenza della realtà. Il Pacchetto europeo sull’economia circolare (Direttive Ue 849-51/2018, recepite dall’Italia con quattro decreti nel 2020), votato anche dai partiti del centrosinistra, impone certe scelte, tra l’altro già vigenti in altre Regioni d’Italia. La Giunta regionale e la Seconda commissione sono consapevoli di questo e lo hanno dimostrato recependone le indicazioni di fondo, recentemente validate dalla Commissione europea: nel luglio scorso è stato infatti attestato che la Regione Umbria ha soddisfatto tutte le condizioni abilitanti le richieste per l’erogazione dei finanziamenti legati alla pianificazione aggiornata della gestione dei rifiuti, consentendo all’Umbria di accedere ai fondi della politica di coesione 2021/27”.
“La raccolta differenziata - spiega ancora Mancini - va interpretata in modo corretto, come spiegato a pagina 24 e seguenti, tabella 2.3, della relazione al Piano. L’obiettivo da raggiungere entro il 2035 è il 75% ma che l’Umbria vuole anticipare al 2030. Raggiungendo quell’obiettivo si otterrà anche un miglioramento della qualità della raccolta differenziata e delle quantità dei materiali avviati al riuso. Tutto ciò a discapito di quanto dichiarato dagli esponenti dell’opposizione. È inoltre bene ricordare che esiste una differenza, in termini oggettivi, tra quanto viene raccolto e quanto viene effettivamente valorizzato e recuperato. Risulta inutile e fuorviante fare confusione tra questi concetti, fingendo che una raccolta differenziata ‘estrema’ possa risolvere il problema della chiusura del ciclo: anche arrivando all’85% di raccolta differenziata, resterebbero importanti percentuali di materiali non realmente recuperabili e che andrebbero a finire in discarica”.
”Va rimarcato - prosegue - che, certo della collaborazione dei cittadini e degli operatori, rispettando tutti gli obiettivi e i parametri indicati, nelle discariche umbre finirebbe comunque il 7% dei rifiuti complessivi, per un ammontare di oltre 30mila tonnellate all’anno (vedi pagina 58 della Relazione al Piano rifiuti). I numeri ci dicono che ad oggi le discariche regionali (Belladanza - Città di Castello, Le Crete - Orvieto, Borgogiglione - Magione), peraltro ampliate tre volte proprio per evitare l’emergenza e per soddisfare le necessità di tutta l’Umbria, hanno capienze residue che ci consentiranno di arrivare al massimo al 2030, come dimostrato dallo schema riportato a pagina 42 della Relazione, una capacità residuale inferiore al milione di tonnellate. Rischiamo quindi di trovarci a dover di nuovo ampliare i siti di stoccaggio o ad aprirne di nuovi, magari nel Comune di Perugia, visto che il termovalorizzatore viene rifiutato. Mi si permetta la provocazione”.
"L'impianto di termovalorizzazione - conclude Mancini - è stato studiato e pensato in base alle esigenze regionali ed è falsa ogni altra affermazione. Non porterà ad una mobilità dei rifiuti verso i nostri territori. Le dimensioni della struttura sono state calibrate sui nostri bisogni ed in Italia ce ne sono già attive a Parma e Piacenza, delle stesse dimensioni. Ricordiamo infine che in Emilia Romagna, quando Elly Schlein era vice presidente della Giunta, è stato approvato nel luglio 2022 un Piano rifiuti che non prevedeva la chiusura degli 8 termovalorizzatori attivi mentre veniva esclusa l’apertura di nuove discariche, in cui ad oggi viene conferito il 5% dei rifiuti. Vogliamo parlare di Roma, dove il sindaco Gualtieri ha scelto ragionevolmente di puntare sul termovalorizzatore, consapevole che non vi siano altre strade per evitare l’emergenza (se non inviarli in Olanda e Danimarca come avviene oggi), avendo come unica alternativa il proliferare delle discariche sul territorio. In ogni caso, se gli ‘esperti’ dell’opposizione sono in grado di proporre una concreta alternativa tecnologica alle procedure di termovalorizzazione, si facciano avanti e forniscano un contributo fattivo alla chiusura del ciclo. Il sindaco Ferdinandi spieghi quindi in quale Comune dovrebbero essere aperte le nuove discariche, unica alternativa alla costruzione dell’impianto che lei contesta. Fino ad ora le delibere dell’Autorità per l’idrico e i rifiuti sono state votate all’unanimità, applicando un principio di solidarietà, evitando di portare questioni politiche o di campanile all’interno dell’ente. In futuro, se varrà il principio di veto dei singoli Comuni, ogni territorio dovrà dotarsi di proprie discariche, evitando di continuare a stoccare rifiuti negli stessi territori di oggi. Del resto, i sindaci dove insistono tali impianti sono da tempo in allarme. Il contado è finito da tempo”. MP/