(Acs) Perugia, 10 giugno 2011 - “L'impalcatura che si è costruita intorno al disegno di legge della Giunta regionale sulla modifica dei criteri per le nomine dei direttori generali e dei primari è traballante e stantia. Ancora una volta le sorti della sanità umbra, già portata al collasso dalle clientele, vengono lasciate nelle mani di una casta, composta spesso da medici politicizzati, che può così continuare a procedere senza alcun giudizio di merito”. È questo il giudizio del capogruppo Udc in Consiglio regionale Sandra Monacelli in merito all'iniziativa legislativa dell'Esecutivo di Palazzo Donini sui criteri di nomina e valutazione di direttori sanitari e direttori generali.
Monacelli, annunciando la presentazione di emendamenti al disegno di legge (che verranno discussi nella riunione della Prima Commissione del 15 giugno) spiega che “non è in discussione l'intervento della classe politica, la quale anzi deve avere responsabilità nella gestione della sanità ben chiare ed identificabili. Il nodo sta piuttosto nello stabilire dove inizia e dove deve necessariamente finire l’arbitrio della politica nella selezione di manager e primari. Relativamente ai direttori generali è indubbio il compito politico, pur se vincolato da criteri limpidi nella selezione dei manager. Per i medici e gli altri dirigenti apicali della sanità il discorso è completamente diverso. Qui la politica non deve entrare in alcun modo nella partita delle nomine. È il direttore generale, nell'autonomia del suo ruolo di primo responsabile dell’azienda sanitaria, a scegliere i suoi migliori collaboratori. Il problema è far sì che il percorso di nomina sia il più possibile libero da condizionamenti di altra natura che non sia quella relativa al profilo professionale. Qui si apre il discorso sulle regole, per aiutare a far prevalere il merito e non la fedeltà, la competenza e non il legame di cordata. Sono concetti espressi in tempi non sospetti dall'allora ministro Livia Turco”.
Il capogruppo Udc sottolinea però che “nella proposta della Giunta la nomina dei primari in sostanza è lasciata interamente nella mani dei direttori generali, senza però nessuna forma di meritocrazia, che si sarebbe potuta realizzare, ad esempio, attraverso l'auspicabile introduzione di un concorso pubblico per titoli ed esami, che rispettasse criteri di trasparenza e di riconoscimento effettivo delle capacità professionali per diventare primario. Ciò avrebbe rappresentato un segnale da parte della Giunta regionale di valore inestimabile per una regione che vive un vero e proprio calvario sul piano della sanità. Preso atto di questa mancata volontà – aggiunge Monacelli - abbiamo responsabilmente proposto che almeno si introducesse una selezione per titoli, effettuata dalla Commissione tecnica, dalla quale emerga una terna di nomi, invece della generica rosa di idonei, da sottoporre al direttore generale. Egli mantiene così il potere di nomina, ma solo tra i tre nomi indicati dagli esperti, limitando di fatto la possibilità di pressioni esterne. Tra l'altro tale procedura risulta essere in vigore nella maggior parte delle altre regioni”.
Sandra Monacelli prende atto “con rammarico che da parte di questa Giunta non c'è una reale voglia di cambiamento” e rileva che “la geografia sanitaria dell'Umbria che emerge da questo provvedimento, risulta pressoché immutata. Manca una vera e convinta volontà di cambiare passo, è ormai un ritornello che vado ripetendo da inizio legislatura, evidentemente confermato dai fatti. Da questo provvedimento ci si aspettava di più, soprattutto a seguito dell'inchiesta giudiziaria che ha travolto il mondo della sanità umbra. Rimane invece – conclude - un disegno di legge debole, che non interviene nella sostanza del problema, lasciando le cose pressappoco come sono ora. I cittadini umbri meritano di meglio”. RED/mp