(Acs) Perugia, 12 agosto 2014 - “La sanità non può diventare il terreno sul quale rincorrere sensazionali operazioni di marketing per la ricerca dell'ultima moda. L'appello della presidente Marini, che in questa fase di transizione invoca un atto unitario concordato tra Regioni e Governo per evitare la giungla interpretativa in materia di fecondazione eterologa, appare dunque ragionevole anche se non risolutivo. I nodi da sciogliere non sono di piccola entità e questa non è una gara per chi arriva primo”. Lo afferma il consigliere regionale Sandra Monacelli (Udc), sottolineando che “tante permangono, all'interno del sistema sanitario nazionale, le problematiche che non hanno ottenuto pieno e pratico riconoscimento nei Lea, diversamente regolamentati e sostenuti da Regione a Regione, dalle questioni della disabilità, a quelle delle cosiddette malattie rare”.
“La sentenza della Corte Costituzionale sulla questione della fecondazione eterologa – spiega Monacelli - ha di fatto aperto una sorta di gara tra i presidenti per garantire percorsi applicativi all'interno delle rispettive Regioni. Pur non sottovalutando le sofferenze fisiche e psicologiche determinate dalla infertilità, e lasciando da parte anche i convincimenti etici che mettono in guardia da un rischio di deriva eugenetica, rilevo come non sia possibile affrontare nodi spinosi di tale natura con fretta e senza scrupoli. L'obbligatorietà o meno di comunicare al bambino la sua origine genetica – aggiunge - ed il rischio che fratelli genetici e inconsapevoli possano mettersi insieme, rappresentano soltanto alcuni dei problemi che la questione della fecondazione eterologa trascina con sé. Per questa ragione, invito la presidente Marini alla prudenza”. RED/mp