(Acs) Perugia, 16 giugno 2016 - “Quello dei danni provocati all'agricoltura dalla fauna selvatica è un fenomeno da gestire collegialmente tra tutti i soggetti interessati. Necessario un sistema di controllo efficiente. Le valutazioni sugli effetti dei piani di contenimento messi in atto devono essere pluriennali. E non si può ragionare soltanto sui danni, ma sulle cause. Il concetto di risarcimento non è gradito dalle aziende colpite perché oltre a questo ci sono altri, molteplici danni di tipo commerciale. C'è criticità nella gestione, anche di tipo normativo. Importante pianificare gli interventi predisponendo il calendario venatorio attraverso accordi con le Regioni confinanti. No al 'regime de minimis' per gli indennizzi previsto attualmente in 15mila euro per triennio/azienda. I danni vanno ristorati per intero”. È quanto emerso stamani nel corso della riunione del Comitato per il monitoraggio e la vigilanza sull'amministrazione regionale, presieduto da Raffaele Nevi, a cui hanno preso parte, in audizione, associazioni venatorie, Atc (Ambiti territoriali di caccia) e associazioni agricole in merito alle 'misure da adottare, da parte della Giunta regionale, ai fini della riduzione del fenomeno dei danni causati sul territorio regionale dalla fauna selvatica'.
In sostanza, il presidente Nevi ha voluto verificare, attraverso gli interventi dei soggetti invitati, l'attuazione da parte dell'Esecutivo regionale di una deliberazione del Consiglio regionale del marzo 2015, legata ad una Risoluzione concernente 'Interventi da adottarsi da parte della Giunta regionale ai fini della riduzione del fenomeno dei danni causati sul territorio regionale dalla fauna selvatica'.
Negli interventi dei rappresentanti delle associazioni venatorie: Vladimiro Boschi (Anuu migratoristi), Mauro Bacaro (Federcaccia Umbria), Massimo Mantovani (Enal caccia), Emanuele Bennati (Arci caccia), Lando Loretoni (Libera caccia) e dai due rappresentanti degli Atc 1 e 2, Igor Cruciani e Fausto Cambiotti, è stata, tra l'altro, evidenziata l'importanza di intervenire di più e meglio sulla formazione del personale adibito alla gestione del fenomeno e alla prevenzione dello stesso; la differenza esistente tra l'attività venatoria e gli interventi per il contenimento della specie, che andrebbe meglio regolamentata come pure la gestione delle carni. Il fenomeno è complesso e necessita di una gestione condivisa con tutti i soggetti interessati oltre che di omogeneizzare gli interventi a livello regionale. I danni provocati all'agricoltura – è stato rimarcato - non riguardano soltanto il parziale o mancato raccolto, ma spesso la parte commerciale dell'azienda. La Regione continua a gestire il fenomeno con gli stessi, vecchi metodi messi in atto dalle Province. Oggi gli Atc gestiscono direttamente i prelievi sia per quanto riguarda la provincia di Perugia che di Terni.
In questo modo, con una gestione unica, il problema potrà essere meglio affrontato. Tra danni causati e fondi assegnati c'è troppa differenza. Vanno indennizzati completamente i danni causati agli agricoltori. Necessari interventi equilibrati. La gestione del territorio deve comprendere tutta la fauna. Oggi il mondo venatorio è in completo conflitto con quello degli agricoltori. Sarebbe auspicabile sdoppiare il regolamento tra specie e modalità di caccia. Il cinghiale può rappresentare una vera risorsa economica, va incentivata la filiera della carne. Sarebbe importante favorire squadre di caccia al cinghiale che hanno acquisito maggiori risultati prevedendo, invece, penalità per quelle che non mettono in atto gli interventi richiesti”.
Dagli interventi dei rappresentanti delle Associazioni agricole: Catia Mariani (Cia), Alessandro Sdoga (Confagricoltura) e Marta Lucaroni (Coldiretti) è emerso che “il fenomeno rappresenta una vera e propria emergenza del mondo agricolo”. È stata sottolineata poi l'importanza che, “in merito ad accordi che si stanno mettendo in atto tra le Regioni, Toscana, Umbria e Marche, sarebbe auspicabile condividere anche il contenimento della fauna selvatica perché il problema riguarda l'intera area dell'Appennino centrale. Serve mettere in atto un piano di contenimento pluriennale che non si può lasciare soltanto agli Atc. Nelle aree a maggior rischio si registra una carenza di programmazione degli interventi. C'è criticità nella gestione, anche di tipo normativo. Necessario pianificare gli interventi attenzionando meglio il calendario venatorio attraverso accordi con le Regioni confinanti. Non si può ragionare soltanto sui danni, ma sulle cause. Il concetto di risarcimento non è gradito dalle aziende colpite perché oltre a questo ci sono altri, molteplici danni di tipo commerciale. La situazione è ormai al limite della sostenibilità e molte imprese agricole sono in grandissima difficoltà. Soprattutto nella zona del 'Ternano' c'è una totale stasi operativa. Serve prevedere una forte accelerazione per la procedura di risarcimento dopo la segnalazione del danno. Va riorganizzato il settore, riformati gli Atc nell'ottica di migliorare le procedure. Importante è attivare una linea di pronto intervento come pure aumentare la pressione venatoria allargando l'arco temporale per la caccia al cinghiale e avviare corsi di formazione per guardie venatorie volontarie. No al 'regime de minimis' per gli indennizzi previsto attualmente in 15mila euro per triennio/azienda. I danni vanno ristorati per intero. Bisogna capire bene le criticità della materia per individuare soluzioni finalmente efficaci”.
A margine dell'audizione, il presidente Nevi si è detto “soddisfatto per gli approfondimenti compiuti rispetto alla tematica e all'attuazione dell'importante deliberazione dell'Assemblea legislativa dello scorso anno e che mirava a tamponare il grave problema dei danni causati dalla fauna selvatica. Dall'audizione è emerso che il problema sussiste ancora, ma la Regione si sta attivando per intervenire sul miglioramento di alcuni aspetti di un fenomeno preoccupante non solo per gli agricoltori, ma anche per le casse pubbliche”. AS/