CONSIGLIO REGIONALE (2): LA POSIZIONE DEI PORTAVOCE DELLE OPPOSIZIONI SUL PROGRAMMA DI GOVERNO - MODENA (PER L’UMBRIA-PDL-LEGA) E MONACELLI (UDC)
La portavoce del centrodestra Fiammetta Modena, oltre a criticare il programma di governo esposto dalla presidente Marini, ha presentato i punti programmatici di Pdl e Lega Nord Umbria: diminuzione della spesa pubblica, un progetto mirato sull’Umbria che si accordi al federalismo fiscale, apertura alla sussidiarietà orizzontale e al privato. Sandra Monacelli, per l'Udc, ha manifestato apprezzamento per alcune innovative aperture della presidente sottolineando però l'esigenza di avere più coraggio e di manifestare una voglia di cambiamento più marcata e scevra da nostalgie.
09 Giu 2010 01:00
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(Acs) Perugia, 9 giugno 2010 – Subito dopo la presidente Marini hanno preso la parola i due portavoce delle opposizioni, Fiammetta Modena (Per l’Umbria-Pdl e Lega Nord Umbria) e Sandra Monacelli (Udc).
FIAMMETTA MODENA (PDL-portavoce centrodestra) – “DIMINUIRE LA SPESA PUBBLICA, COSTRUIRE UN PROGETTO SUL FEDERALISMO FISCALE, ABBATTERE IL TABU’ DEL PRIVATO E APRIRE ALLA SUSSIDIARIETA’ - Il programma illustrato dalla presidente Marini ci ha allarmato per la non comprensione del momento europeo e del quadro generale di interventi previsti dal Governo, che da questa Regione vengono ignorati. Ci vuole un passo diverso, ma il centrosinistra non ha strumenti culturali adeguati. E’ necessario partire da una diminuzione vera della spesa pubblica, che è fuori controllo e che non può essere scissa dalla partita del federalismo fiscale. Altri temi decisivi sono quello delle pensioni di invalidità, che fa registrare un tasso di crescita altissimo, e del tasso di evasione fiscale, che in Umbria è fra i più alti. I punti programmatici che noi del centrodestra proponiamo invece a questa Assemblea sono: fare una selezione delle risorse pubbliche come altre Regioni hanno già fatto, chiamando a raccolta Comuni, Province, Università e Fondazioni su un patto complessivo riguardante obiettivi strategici condivisi, concentrandosi sulle specialità da costruire a partire dalle Università e non sulle ‘eccellenze’. Secondo punto programmatico è quello di sfruttare l’occasione del federalismo fiscale, che è la vera riforma strutturale del Paese, per arrivare ad un progetto-pilota che evidenzi la tracciabilità di ogni decisione assunta, che chiami in causa la responsabilità di ogni singolo centro di governo locale. Ad esempio sul bilancio la Regione deve fare un progetto ‘suo’, avanzato, per poter anticipare quello che inevitabilmente accadrà, in considerazione del quadro che ho descritto in premessa, e non ‘dare una raschiata e tirare a campare’. Terzo punto è quello di aprire questa regione alla sussidiarietà orizzontale ed alla bilateralità, le vere scommesse per far arretrare un Pubblico troppo invadente. Infine la risposta ad una domanda cruciale: perché l’Umbria non produce ricchezza? Perché ancora ci sono termini che sono considerati tabù: attività privata, merito, competizione, e c’è la cronica impostazione anti-industriale. Occorre accorpare agenzie, ridurre le Asl, rilanciare l’edilizia, ma nel programma Marini non c’è una parola sul Piano casa e si ignora la delibera sul fotovoltaico che ha bloccato tutto, come sostengono anche gli operatori e le amministrazioni comunali. Il centrodestra individua poi quattro macroaree di intervento: il turismo, per il quale non serve un Piano regionale ma una promozione immediata, coinvolgendo gli operatori del privato, pensando in piccolo per favorire in concreto. Pensiamo anche a una rimodulazione dell’Irap, affinché la Regione sia a misura d’impresa. Seconda macroarea è la Sanità: anche qui il Governo ha dato un input che viene già seguito da altre regioni come Toscana, Emilia e Lombardia, con l’approvazione delle linee guida per i CUP, che fanno anche monitoraggio sulle liste d’attesa, per uscire fuori da un problema che in Umbria è abnorme. Ma anche qui si ignora il Piano sanitario nazionale, che prevede anche costi standard, nuovi orari, nuovo ruolo per medici di medicina generale, pediatrici e specialisti ambulatoriali. L’Umbria dovrà trovarsi pronta anche a tagliare la centrale degli acquisti, in vista di un contenimento dei costi già previsto dal Governo con le linee guida per gli acquisti. Terza macroarea d’intervento è sul lavoro e il capitale umano: anche qui guardare a come altre Regioni hanno rivoluzionato la formazione professionale, con i ‘voucher’ che vengono dati a chi garantisce una collocazione nel pubblico o nel privato, quindi riforma dell’Università e investimenti sul capitale umano. Infine, il sistema welfare, che è da cambiare completamente perché ancora basato sul sistema sociale ‘dalla culla alla tomba’, che non regge più. Ancora parliamo di uffici per la cittadinanza, ma chi li ha visti? E’ un sistema sociale inefficiente, da smantellare, che oltretutto con l’ultimo Piano ha visto la ribellione di tutti gli operatori del settore, i quali chiedevano una sola cosa: l’applicazione della sussidiarietà”. SANDRA MONACELLI (UDC) – “MANCA LA CONVINTA VOGLIA DI CAMBIARE, NON POSSIAMO FARCI VINCERE DALLA NOSTALGIA - Dalla lettura del programma di governo della presidente Marini ho ricavato sensazioni opposte, con importanti segnali di apertura ed altri che invece sembrano riportarci al passato. Ho apprezzato i richiami alla democrazia, alla partecipazione, alla visione condivisa del futuro della regione e il riferimento ad una centralità del Consiglio da recuperare e valorizzare. Avrei apprezzato un utilizzo più esteso del termine 'discontinuità' al posto dell'espressione 'fase nuova': la crisi attuale richiede una azione di governo coraggiosa e riforme strutturali anche nel settore pubblico. La macchina pubblica non può più vivere al di sopra delle proprie possibilità, con un Pil per abitante e una produttività piuttosto basse e tante aziende che hanno chiuso o sono in forti difficoltà. I sacrifici e i tagli dovranno essere affrontati da tutti: la bravura degli amministratori si misura non sui pianti o le urla, ora serve soprattutto la capacità di reagire ai problemi, capendo che l’unico modo per affrontarli è di trasformarli in opportunità. Prima di minacciare la chiusura di servizi essenziali sarebbe opportuno eliminare quelli superflui, cancellare i privilegi e le sovrapposizioni di ruoli, per non parlare degli enti “utili” solo a garantire indennità a presidenti e consiglieri di amministrazione che ai cittadini e alle loro famiglie. Ho colto con favore l’insistenza di alcune parole come welfare, sussidiarietà, vecchie e nuove povertà, impoverimento così come l'affermazione di voler essere una regione che non dà solo risorse, ma si mette in discussione per far crescere in ogni direzione la qualità sociale; purtroppo il linguaggio nuovo che viene utilizzato a volte lascia spazio a cadute come quelle sulle 'politiche di genere' mentre bisognerebbe prestare attenzione alla vera e propria emergenza educativa delle giovani generazioni, sempre più deresponsabilizzate e disorientate da una visione parziale e limitata di quanto concerne la sessualità umana ed il suo significato. È un campanello d'allarme l'aumento spropositato in Umbria di pillola del giorno dopo, RU486, soprattutto da parte delle giovanissime. Positivo il riconoscimento della persona umana quale perno centrale delle politiche sanitarie anche se mancano indicazioni concrete sulle liste di attesa e su questioni importanti come il patrimonio edilizio sanitario, la rete ospedaliera e la specializzazione delle strutture , le strutture di riabilitazione e il riconoscimento del ruolo del privato. Mi piacerebbe che la volontà di attivare sinergie tra i vari attori della prevenzione potesse rappresentare la declinazione a tutto campo della prevenzione, compresa nella parte dell'applicazione della Legge 194, che rappresenterebbe una sorta di controtendenza alla interpretazione ideologica restrittiva che finora è stata usata nelle direttive attuate dai consultori e dalle farmacie. Ancora vecchio è però l'approccio delle prime pagine dedicate alla questione famiglia, il giudizio è probabilmente accentuato dalla crisi, ma non ci ritroviamo affatto nell'accezione di famiglia intesa come soggetto vulnerabile, a rischio, da assistere, preferiamo invece di gran lunga l’altra pagina, quella nella quale la famiglia viene scoperta come un soggetto sul quale investire e un'opportunità da cogliere. Colgo con favore l'idea di rivedere i criteri per determinare l'indicatore di situazione economica equivalente (Isee) che ad oggi nella applicazione dei vari territori regionali si presta ad essere uno strumento estremamente eterogeneo, oltre che discriminatorio. Nella relazione ci sono delle luci ma anche molte ombre, manca quella convinta e necessaria voglia di cambiare totalmente marcia, quella che potrebbe riaprirne a pieno titolo le dinamiche, ed impedire l’attorcigliamento su posizioni nostalgiche. PG/MP