(Acs) Perugia 13 febbraio 2012 – A Palazzo Cesaroni, i presidenti dei tre Ambiti territoriali di caccia (Atc) che gestiscono alcune funzioni venatorie per conto di Regione e Provincie di Perugia e Terni, suggeriscono di modificare le norme umbre, relative al risarcimento dei danni arrecati alle colture agricole dalla fauna selvatica ed alcune norme che regolano il prelievo della specie cinghiale e di caprioli e daini.
E' quanto è emerso nel corso dell’audizione organizzata dalla terza Commissione consiliare, presieduta da Massimo Buconi, che ha messo in evidenza anche limiti e problemi relativi al contenimento in alcuni territori delle specie più critiche; i costi crescenti per l'accertamento istruttorio dei danni e per la loro liquidazione, compresa l’esigenza di rivedere il meccanismo che vorrebbe porre a carico delle squadre l’eccedenza dei danni da liquidare.
Sollecitati dal presidente Buconi e dai vari commissari a fare il punto della situazione complessiva della caccia, anche in vista di eventuali modifiche da apportare all'impianto normativo umbro, i tre presidenti: Quartilio Ciofini Atc 1 (Perugia e alto Tevere); Ezio Bordicchia Atc 2, (Umbria mediana); Giovanni Eroli Atc 3 (Terni), hanno messo in evidenza problemi vecchi e relativamente nuovi.
Il contenimento della specie cinghiale incontra difficoltà maggiori in alcuni territori rispetto ad altri: soprattutto nelle aree parco “non gestite” come quello del Monte Subasio e dell'Oasi di Colfiorito. I problemi più evidenti si hanno sopratutto in due aree specifiche del Trasimeno e nella vicina Tavernelle, spiegabili quasi certamente - è stato detto – con la presenza di aziende faunistiche private che non farebbero i previsti prelievi selettivi, fino a ritrovarsi al proprio interno una forte concentrazione di animali. Questo spiegherebbe in parte i maggiori danni accertati nelle stesse aree, stimati in un terzo in più dell'anno precedente.
Gli Atc hanno sostenuto che negli istituti privati di caccia manca un'adeguata ed efficace gestione della specie cinghiale. Questo fa sì che durante il prelievo venatorio gli animali si rifugiano negli ambiti privati dove non vengono cacciati. Aspetto, questo ultimo che determina la riluttanza dei cacciatori di cinghiale a farsi carico del pagamento aggiuntivo di quote per incrementare il fondo regionale destinato al rifacimento dei danni all'agricoltura, gestito dalle due Province e dagli stessi Atc, in quanto non si ritengono responsabili di questa situazione.
Dalla audizione è emersa poi una riflessione in parte nuova e comunque condivisa dai tre Atc. Non sempre il maggior numero di squadre di cinghialisti, con importanti abbattimenti ufficialmente documentati, comporta una riduzione effettiva della specie in quello stesso territorio. Un aspetto - è stato detto - solo apparentemente contraddittorio, perché durante l’attività venatoria i cinghiali si rifugiano negli istituti privati di caccia e nelle aree protette per riuscirne a stagione venatoria conclusa.
Evidenziato anche il problema della assenza di strutture che possano trattare la carne di animali selvatici, alla cui base ci sarebbe il così detto “mercato nero delle carni”. Un contesto che sconfinerebbe nel commercio illecito con ristoranti, perfino della Capitale, e con aspetti sanitari non trascurabili, in parte avvalorati dalla scarsa utilizzazione dell'unico mattatoio dedicato alla preparazione delle carni da selvaggina, quello di Terni. Interessante anche il dato relativo ai costi della istruttoria delle pratiche di risarcimento danni riferito dall’Atc di Terni che si aggira intorno ai 30mila euro annui e che vanno ad aggiungersi al costo complessivo dei rimborsi.
Dalla esposizione fatta dai presidenti degli ATC che sovrintendono alla gestione di 272 squadre che operano in Umbria è anche emerso che, seppur in alcuni territori particolarmente vocati come la Valnerina ci potrebbe essere spazio per ulteriori squadre, è ancora preferibile operare una riduzione, per accorpamento, delle squadre attualmente attive.
Temi molto sentiti quelli trattati, rispetto ai quali - ha ricordato il presidente Massimo Buconi la III Commissione che ha già ascoltato le due Province di Perugia e Terni chiamerà a dire la loro le associazioni venatorie e l'assessorato regionale. Ma già ora si è aperto un vivace confronto
Paolo Brutti (Idv) intervenendo per primo ha parlato di “controllo della specie cinghiali di fatto fallita, come dimostra l'aumento sia dei danni all'agricoltura che dei capi presenti sul territorio”. Brutti che per verificare i problemi ha suggerito “controlli più serrati, fino ad una inchiesta, ascoltando più voci”, ha anche fatto riferimento alla necessità di “chiarire alcuni aspetti emersi sulla stampa, relativamente ai bilanci degli Atc, ai compensi dei dirigenti e ad un possibile allevamento di cinghiali nell'area di Perugia”. Ipotesi quest'ultima subito dopo smentita dal presidente Ciofini.
Necessità di alcuni chiarimenti anche per Gianluca Cirignoni (Lega Nord) che ha proposto di chiamare in audizione il comitato di cacciatori che a Terni raccolse circa 200 firme per segnalare alcune aspetti non chiari nella gestione dell'Atc locale”. GC/gc