150°UNITÀ D'ITALIA (3): L'UMBRIA TRA STORIA E SFIDE DEL PRESENTE – IL CONSIGLIO REGIONALE STRAORDINARIO, GLI INTERVENTI DEI PRESIDENTI BREGA E MARINI, DEI CONSIGLIERI MONACELLI, MODENA E DELLO STORICO ROMANO UGOLINI
16 Mar 2011 00:00
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(Acs) Perugia, 16 marzo 2011 – Con la lettura del messaggio inviato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il presidente del Consiglio regionale Eros Brega ha aperto la riunione straordinaria e solenne del Consiglio regionale per la celebrazione del 150esimo dell’Unità d’Italia. Nel suo intervento, Brega, ha evidenziato i “valori e l'importanza dell'unità al fine di restituire, soprattutto alle giovani generazioni, la forza di guardare con fiducia al futuro”. Ma ha parlato anche di un Paese “unito e federale dove le Regioni sono chiamate a rappresentare il livello di riferimento istituzionale e culturale delle singole aree. Il federalismo – ha detto - dovrà essere un mezzo per rafforzare l'Italia e le singole realtà in un'ottica di unità e sussidiarietà”. Gli interventi programmati sono stati aperti dal capogruppo dell'Udc, Sandra Monacelli che ha invitato tutti a “ritrovare quei sentimenti in cui cittadinanza, unità e appartenenza hanno fatto e fanno di noi un grande popolo”. Fiammetta Modena (portavoce PdL) ha evidenziato l'esigenza di “superare l'inquietudine dei tempi moderni come presupposto per poter guardare avanti, superando le divisioni del passato, lasciando alle spalle le ideologie e facendo lo sforzo di restituire l'Italia agli italiani”. La presidente della Giunta regionale, Catiuscia Marini ha ricostruito i principali passaggi storici che hanno portato l'Umbria a poter festeggiare questa ricorrenza, rimarcando che queste celebrazioni rappresentano “un elemento costitutivo dell'identità nazionale”. La seduta si è conclusa con una vera e propria 'lectio magistralis' dello storico Romano Ugolini, preside della Facoltà di Scienze della Formazione presso l'Università di Perugia che ha ripercorso le tappe del Risorgimento e i primi atti ufficiali del nuovo Stato unitario, orientato verso un'idea di decentramento mutuata dal pensiero di Cavour.
Interventi:
EROS BREGA (presidente Consiglio regionale) “IL FEDERALISMO SIA STRUMENTO REALE DI NUOVA UNITÀ E SVILUPPO E NON UN ELEMENTO DI DIVISIONE E DI IMPOVERIMENTO - Questo Consiglio straordinario e solenne dà il via alle iniziative, promosse dall’Assemblea legislativa dell’Umbria nel 2011, per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia. Vogliamo contribuire a consolidare quella maturità civile che consenta di affrontare con maggiore slancio e fiducia le sfide che attendono la nostra regione e l'Italia, ritrovando fierezza e orgoglio nazionale. Celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia per riconoscere e valorizzare la peculiarità e la ricchezza delle realtà regionali e locali, chiamando i cittadini a riflettere sull'assetto stesso dello Stato, sui valori e sull'importanza dell'unità al fine di restituire, soprattutto alle giovani generazioni, la forza di guardare con fiducia al futuro.
Dobbiamo guardare al nostro ‘migliore passato’ per avere la capacità e l'intelligenza per realizzare pienamente il “sistema Paese”, unito e federale: un’Italia in cui le istituzioni nazionali garantiscano realmente tutti i territori, le Regioni rappresentino il livello di riferimento istituzionale e culturale delle singole aree, e il federalismo sia strumento reale di nuova unità e sviluppo e non un elemento di divisione e di impoverimento.
Non dobbiamo minimizzare le diverse spinte che tendono a dividere il Paese e che rischiano di offuscare, specie nella coscienza delle giovani generazioni, l'alto valore rappresentato dall'Unità d'Italia. Dobbiamo, perciò, partire dall'analisi della storia e delle sfide che ci aspettano, per ritrovare il senso dell'appartenenza e dare nuovo slancio al Paese e alle sue istituzioni. Le divisioni non servono: il punto è creare quell'equilibrio che permetta alle realtà locali e territoriali di comporsi in maniera armonica. Tanto più saranno forti le singole realtà, tanto più lo sarà lo Stato unitario, e il federalismo dovrà essere un mezzo per rafforzare l'Italia e le singole realtà in un'ottica di unità e sussidiarietà, per il raggiungimento del bene comune.
In occasione di questa ricorrenza, non possiamo poi dimenticare il sacrificio dei tanti umbri che si sono battuti per difendere l'identità del nostro territorio. Ma in particolare è opportuno sottolineare e rilanciare quei valori del confronto e dell’unità che hanno caratterizzato l'Umbria in questi 150 anni e oggi ancora validi e che hanno permesso di affrontare in maniera efficace anche i momenti più bui della nostra storia. Nella lotta antifascista, come nella tremenda crisi economica, che investì la nostra regione negli anni '50, si riaccese, infatti, quello spirito identitario e quella convergenza di tutte le forze politiche, economiche e sociali, per portare quel rinnovamento di cui il nostro territorio aveva bisogno.
Mi auguro che queste celebrazioni consentano a tutti noi di riscoprire anche questi principi, che ci hanno permesso importanti conquiste democratiche e civili e che rappresentano i punti cardine intorno ai quali mantenere quei livelli di civiltà e modernità che hanno fatto la forza della nostra regione e dell'Italia”.
SANDRA MONACELLI (portavoce Udc) “PER 'COMPIERE' DAVVERO L’UNITÀ D’ITALIA, BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI TORNARE AL DNA DEL MOVIMENTO RISORGIMENTALE - Purtroppo il mondo politico italiano si è diviso sull'opportunità di considerare il 17 marzo una festa, riservando riflessioni ed approfondimenti per lo più al mondo accademico. Intorno alla nostra Unità nazionale aleggiano ancora grandi nodi irrisolti. Rispondendo ai vescovi italiani, per i quali oggi è 'una felice occasione per un nuovo innamoramento del nostro essere italiani', il Presidente della Repubblica riconosce come essenziale il contributo dei cattolici al fine di promuovere quel confronto aperto e costruttivo tra diversi orientamenti. Lo stesso Papa Benedetto XVI ha preso atto del 'particolare legame che esiste tra il Papa, Vescovo di Roma e Primate d’Italia, e la Nazione italiana'.
Come diceva Carlo Azeglio Ciampi: 'Siamo eredi di un antico patrimonio di valori cristiani e umanistici, fondamento della nostra identità nazionale”. Di questa eredità siamo orgogliosamente partecipi come umbri, in nome anche del 'nostro' S.Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia.
Per troppo tempo abbiamo trascurato e negato come gli ideali del Risorgimento avessero unito cattolici e liberali. Oggi, per 'compiere' davvero l’Unità d’Italia, bisogna avere il coraggio di tornare al Dna del movimento risorgimentale, andando oltre le barricate che, da Porta Pia in poi, tengono ancora in gabbia il nostro discorso pubblico, lacerandolo nella pregiudiziale contrapposizione tra laici e cattolici.
Neanche il tempo della Resistenza, battezzato come 'Secondo Risorgimento', riuscì a creare i presupposti di una comunità dai valori condivisi. La forza dei Padri Costituenti fu quella di condividere un grande senso dello Stato, di privilegiare sempre la mediazione allo scontro. Ed è ciò che ancora oggi ci permette di guardare alla Carta come a un grande modello di etica pubblica.
Il XXI secolo non consente agli italiani alcuna chiusura né 'interna', né 'esterna'. L’Italia non può diventare un Paese in guerra contro 'tutti i Sud del mondo'. Soprattutto ora che una parte significativa dei popoli del Mediterraneo si risveglia in nome della democrazia.
In un mondo che frettolosamente sta cambiando va accettato l’evento epocale della globalizzazione, nella consapevolezza che non la si può evitare. Gli italiani hanno ricevuto in dono dalla storia infinite risorse umane. E se tutti insieme tornassimo a pensare positivo, forse saremmo ancora in tempo a ridisegnare con razionalità lo Stato e ricostruire un nuovo patto di convivenza civica.
Unità e pluralità sono due valori che si arricchiscono mutuamente, se vengono tenuti nel giusto e reciproco equilibrio. Due principi che consentono questa armonica compresenza tra unità e pluralità sono quelli di sussidiarietà e di solidarietà, tipici dell’insegnamento sociale della Chiesa. Oggi vanno ritrovati quei sentimenti in cui cittadinanza, unità e appartenenza hanno fatto e fanno di noi un grande Popolo.
FIAMMETTA MODENA (portavoce Pdl): “SUPERARE LE REGOLE CHE BLOCCANO L'ECONOMIA IN UN MONDO GLOBALIZZATO - Quando pensiamo alla Patria e alla Nazione dobbiamo rifarci ai 45 militari umbri che operano nelle missioni militari all'estero, che combattono per la stabilizzazione e la lotta al terrorismo, che affrontano insieme alle loro famiglie sacrifici e difficoltà. È il loro impegno a dimostrarci che l'Italia non è solo una espressione geografica. Questi 150 anni di storia hanno visto un '800 orgoglioso e ottimista e un '900 bagnato dal sangue di due guerre mondiali ma segnato anche dall'arrivo della democrazia: oggi, nel 2011, l'Italia è molto cambiata e può vantare livelli di vita e successi economici importanti. Anche in una giornata come questa emerge però una inquietudine di fondo: ci trasciniamo il problema di fondo del sospetto verso lo Stato, di posizioni antagoniste verso lo Stato e la statualità. Anche quando fu posta in essere la Costituzione si verificò una reazione al centralismo del ventennio, con un processo di regionalismo che soltanto negli anni '70 è riuscito ad affermarsi.
Oggi siamo arrivati ad un punto di svolta definitiva: dopo l'implosione dello Stato moderno e del modello ottocentesco il tempo ha iniziato a correre in modo inimmaginabile. Lo spazio coincide con il mondo intero ed abbiamo una economia di carta che soffoca quella reale. Chi ha l'ambizione di non guardare soltanto indietro, verso le nostre radici, ma vuole andare avanti per capire ciò che succederà deve guardare a questa giornata comprendendo che bisogna fare lo sforzo di restituire l'Italia agli italiani. Questo è il percorso attraverso il quale la cesura tra lo stato e la società potrà essere risolta.
E il percorso ce lo abbiamo davanti: bisogna superare le regole che bloccano l'economia in un mondo globalizzato. Responsabilizzare le patrie singolari, coinvolgere tutta la società, portare l'Italia ad immaginare i suoi passi sempre nello scenario internazionale. Il superamento delle ideologie ci permette di guardare al futuro. In ultimo dobbiamo fare pace con noi stessi: dobbiamo comprendere che solo avendo il quadro oggettivo e semplice di quello che siamo possiamo assumere una coscienza oggettiva e collettiva che ci dia la forza di affrontare il nodo storico all'interno del quale ci troviamo. La damnatio memoriae che ci contraddistingue deve essere superata: basti pensare al Risorgimento che 'cancella' il Barocco, il mito della Resistenza che distrugge il Ventennio e noi stessi nei confronti della cosiddetta Prima Repubblica.
Non credo che sollazzarsi nell'inquietudine dei tempi moderni sia dignitoso per chi fa politica e ha l'ambizione di guardare avanti: dobbiamo affrontare e risolvere l'inquietudine. Siamo già Patria e Nazione prima di Stato. Dobbiamo stare dentro la storia, dentro le cose, dentro il mondo che cambia: è una cosa bellissima che dobbiamo fare con grande serenità perché non ci abbandonerà mai il nostro essere Patria e Nazione: 'più che bellezza la Patria è appartenenza elementare semplice e già data' (Patrizia Cavalli 2008). Guardiamo avanti e non indietro”.
CATIUSCIA MARINI (presidente della Giunta regionale): “MENTRE RICORDIAMO I 150 ANNI DELL’UNITÀ DEL PAESE, NON POSSIAMO NON RICHIAMARE LE NUOVE SFIDE CHE ANCHE L’UMBRIA HA DI FRONTE - Celebrare gli anniversari degli eventi principali del paese a cui si appartiene e nel quale si vive è un elemento costitutivo della propria identità nazionale. Una identità che consolidata attraverso alcuni passaggi simbolici imprescindibili: il 7 gennaio 1797, con l’esperienza giacobina di Reggio Emilia il tricolore, quando nacque la bandiera italiana, simbolo ed emblema del paese assieme all’inno nazionale. Il 20 giugno 1859, giorno nel quale i patrioti perugini che avevano dato vita ad un governo provvisorio per aderire al processo unitario furono travolti dalle truppe pontificie. Tante sconfitte precedettero l’adesione della Provincia dell’Umbria allo Stato unitario; senza queste sconfitte i nostri territori sarebbero stati semplicemente annessi. L’unificazione politica italiana, raggiunta con la liberazione del sud d’Italia grazie ad una spedizione di volontari guidati da Garibaldi e con l’arrivo delle truppe piemontesi in Umbria e nelle Marche nel settembre del 1860, mise fine alle Istituzioni dell’Antico regime e aprì la strada ai valori e princìpi del costituzionalismo liberale. Il Risorgimento, con la ricchezza del processo unitario e degli apporti ideali e culturali che vennero dai rappresentanti più autorevoli Cavour, Mazzini, Cattaneo, Garibaldi. Anche se al processo di formazione dello Stato unitario non hanno certo contribuito i cattolici di Pio IX. Ma nonostante il 'non expedit' i cattolici hanno via via partecipato alla crescita economico-sociale della nazione e sono stati i protagonisti della rinascita democratica, dopo il ventennio fascista, con l’avvento della Repubblica e l’approvazione della Costituzione.
Il Secondo Dopoguerra, quando l’Italia poté ricongiungersi come Paese libero e indipendente nei confini stabiliti dal Trattato di pace grazie a quel moto di riscossa partigiana e popolare che fu la Resistenza, al senso dell’onore e la fedeltà all’Italia delle nostre unità militari; alla sapienza delle forze politiche antifasciste, che trovarono la strada di un impegno comune per gettare le basi di una nuova Italia democratica e assumerne la rappresentanza nel quadro internazionale che andava delineandosi a conclusione della guerra. La nascita della Regione Umbria nel 1970, un evento particolarmente rilevante per l’assetto e l’identità politico istituzionale della comunità umbra, che sarà destinato ad incidere notevolmente nei decenni successivi, con una crescita economica che porta anche una modernizzazione sociale e delle istituzioni culturali e formative.
L’Italia del 1861 era un paese di appena 22 milioni di abitanti formato principalmente da contadini poveri, quasi l’80 per cento della popolazione non sapeva né leggere né scrivere e una lingua nazionale praticamente non esisteva. Il diritto di voto era limitato ad una parte molto ristretta di cittadini (appena il 2 per cento). La vita media era 40 anni. Le donne erano escluse dalla vita pubblica e delle istituzioni. L’Italia di oggi è un paese di oltre 60 milioni di italiani con una presenza di oltre 5 milioni di cittadini stranieri; il 99% dei cittadini è alfabetizzato e la durata media della vita è di 80 anni, anche se si trova ad affrontare sfide difficili in cui occorre saper realizzare riforme economico-sociali e politico istituzionali, fondamentali per sostenere la ripresa economica, rilanciare l’occupazione, modernizzare il Paese.
Mentre ricordiamo i 150 anni dell’unità del Paese, non possiamo non richiamare le nuove sfide che anche l’Umbria ha difronte: la forza di reazione e ripresa ad una crisi economico e finanziaria che ha colpito il tessuto economico e la struttura produttiva della regione, le nuove opportunità di lavoro in modo particolare per i giovani e le donne, marginalizzati in lavori precari, meno retribuiti e con incerte opportunità professionali, una nuova fase dello sviluppo economico più capace di misurarsi con l’ambiente e con la salvaguardia dei beni naturali comuni, una trasformazione sociale con la presenza di oltre il 10 per cento di nuovi umbri, cittadini immigrati di prima e seconda generazione che hanno scelto la nostra terra per vivere e lavorare, il cambiamento tecnologico e l’emergere di una nuova generazione di nativi digitali che contribuirà a modificare relazioni e processi produttivi.
L’Umbria oggi è pronta a raccogliere la sfida federalista per andare oltre il regionalismo. Per costruire federalismo garantito dalla Costituzione italiana, i cui articoli, principi, garanzie e contenuti rimangono sicuramente l’opera di più alto valore e morale di questi 150 anni di storia italiana”.
ROMANO UGOLINI (PRESIDE FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE-UNIVERSITA’ DI PERUGIA): “LA NASCITA DELLO STATO UNITARIO ITALIANO E IL PRIMO EMBRIONE DI REGIONALISMO - Il 17 marzo 1861 il Re di Sardegna, Cipro e Gerusalemme Vittorio Emanuele II firmava l’atto con cui nasceva il Regno d’Italia, ma il passaggio fu lento e graduale, perché c’era il problema del problematico riconoscimento da parte degli altri Paesi europei: l’Italia era stretta tra l’Austria, la Francia e l’ingerenza del Regno Unito, che mal vedeva la nascita di uno stato con forte vocazione marinara, tale da poter mettere a repentaglio il domino inglese sul Mediterraneo. Così, un Paese che aveva già una sua realtà geografica consolidata nei confini attuali da almeno 2mila anni ed una realtà culturale ben delineata esistente praticamente da 700 anni, da Dante a Petrarca fino ai successivi grandi letterati Manzoni e Leopardi, non riusciva a diventare un vero Stato nazionale. Il primo problema era dovuto alla politica internazionale, con la posizione geografica strategicamente rilevante ed appetita dagli altri Stati europei già consolidati, che non avevano interesse a farla diventare nazione indipendente. Il secondo problema era dovuto alla presenza del Papa, un sovrano che racchiudeva in sé sia il potere spirituale, anche nei confronti dei cattolici austriaci e francesi, e il potere temporale. Infine, vi era il problema della mancanza di una figura chiave, quella del Generale, che aveva contribuito in altri Paesi all’unificazione per via militare: ben 3mila italiani firmarono una sottoscrizione per avere un generale, anche straniero, che li conducesse all’unità, sull’esempio di quel generale che in Uruguay con pochissimi uomini resistette alle truppe argentine. Così nacque il mito di Garibaldi, formatosi in America Latina, che riuscì a colmare questa assenza. Anche se in America la concezione del generale era differente, accentratrice di ogni potere, mentre Garibaldi restituì i poteri a Vittorio Emanuele il 7 settembre 1860.
Superando queste difficoltà, l’Italia creò le premesse per riuscire a diventare uno stato unitario, che nacque sia per la bravura di Cavour e di Garibaldi che per gli errori di valutazione di Francia e Austria. Cavour aveva capito che non poteva vincere militarmente, quindi si alleò con la Francia e, al tempo stesso, non trascurò gli italiani democratici. Nel 1859 l’Umbria dette il suo contributo di sangue, con la città di Perugia che era legata alla Società nazionale ed ebbe l’ordine di insorgere contro l’egemonia francese, ma non ricevette sostegno militare da Cavour, che teneva in piedi una politica bifronte, da una parte alleato coi francesi e dall’altra tendente a far sorgere l’Italia unita. Il 14 settembre viene ricordata come la data della liberazione.
L’Italia riuscì a dimostrare di poter combattere, grazie ai mille di Garibaldi che diventarono 22mila, e gli altri Paesi europei capirono che non conveniva contrastare la nascita del Regno d’Italia, rischiando una guerra europea. Fu accettato il male minore.
L’inizio del nuovo stato unitario, sotto la guida di Cavour e del ministro dell’interno Farini, andò in una direzione politica di forte decentramento, con la responsabilità dell’Istruzione delegata alle Regioni per quanto riguarda il livello universitario, alle Province per gli studi superiori e ai Comuni per l’istruzione elementare. Questo prevedeva il primo disegno di legge del 4 agosto 1860, che identificava nella figura del “Governatore” la guida delle Regioni, che avevano competenze su istruzione, acque, porti, argini, caccia e tutte le materie che il Parlamento avesse inteso affidarle. Un progetto arenatosi con la morte di Cavour, il 6 giugno.
Il 5 maggio 1861 il Parlamento italiano istituì la festa nazionale per celebrare l’unità d’Italia, scegliendo la prima domenica di giugno di ogni anno con le spese a carico dei Comuni. Quell’anno la prima domenica era il 2 giugno”. TB/MP/PG/AS
Una galleria di immagini sul Consiglio regionale straordinario del 16 marzo 2011 è disponibile nell'archivio fotografico online: http://www.flickr.com/photos/acsonline/
