Parlare della Resistenza oggi, con ragazzi e adolescenti, non è facile. A questa età, tratto importante del carattere è una certa predisposizione manichea a rinunciare ai mezzi toni, a dividere il mondo in buoni e cattivi. Eppure la storia è il luogo della complessità, dell’incrocio delle ragioni, della spiegazione plausibile dei fatti. I due percorsi laboratoriali sono percorsi complessi.
Il primo, La vita tra le mani, utilizza un testimone problematico: il tenente pilota dell’Aviazione italiana Mario Bonfigli diviene partigiano per scelta; la sua storia esce dalle tipologie tradizionali delle biografie resistenziali che vedono tale scelta come il naturale approdo operativo di un antifascismo ideologico spesso consolidato da una tradizione familiare o dalla militanza clandestina. È inoltre un testimone ingenuo, non abituato alla ritualità dell’incontro con i ragazzi o con l’intervistatore; ciò ha impedito una sua organizzazione sistematica del racconto, e ciò risulta didatticamente positivo.
Il secondo percorso, Bella ciao. Donne e Resistenza in Umbria, accompagna le studentesse e gli studenti a esplorare le stesse questioni del primo, ma al femminile. In concreto: chi erano i partigiani? Cosa facevano? Per quali motivi di strategia militare, ma soprattutto, per inseguire quali ideali civili e politici agivano? Porre anche al femminile la questione, non risponde a una generica logica paritaria di genere, serve a marcare il frutto forse più evidente dell’esperienza resistenziale: il voto alle donne. In Italia le donne cominciarono a esercitare il diritto di voto a partire dalle elezioni amministrative che si tennero in tutta la penisola fra marzo e novembre 1946. Il 2 giugno dello stesso anno si recarono alle urne per il referendum Monarchia-Repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente: quei 14.610.845 di elettrici che esercitarono per la prima volta il diritto di voto costituiva circa il 53% del totale.