Riconoscere vulvodinia e neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti
L’Aula rinvia in Commissione la mozione di Meloni e Bori (Pd)
(Acs) Perugia, 16 gennaio 2024 – L’Assemblea legislativa dell’Umbria ha rinviato in commissione, su proposta di Eleonora Pace (FdI), la mozione di Simona Meloni (prima firmataria) e Tommaso Bori (Pd) che voleva impegnare la Giunta a “farsi promotrice presso il Governo affinché si preveda l’inserimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo nell'elenco delle malattie croniche e invalidanti previste dai livelli essenziali di assistenza (Lea); ad attivare, se non è ancora stato fatto, un gruppo di lavoro multidisciplinare regionale per fare un’analisi di contesto e definire l’iter diagnostico e terapeutico; ad avviare percorsi di formazione e accrescimento delle competenze delle figure sanitarie idonee a garantire un'adeguata assistenza in relazione alla specificità delle patologie sopra citate, in modo tale che il servizio sanitario regionale sia in grado di fare diagnosi in tempistiche brevi e prendere in cura le pazienti affetti da tali patologie”.
Illustrando l’atto in Aula Simona Meloni ha detto che serve “rafforzare e consolidare la rete dei consultori in Umbria; individuare i presidi sanitari pubblici dedicati alla diagnosi e alla cura della vulvodinia e delle altre patologie, prevedendo il loro inserimento in un apposito elenco, definendo apposite linee guida per predisporre specifici protocolli terapeutici e riabilitativi; favorire l’accesso agevolato al telelavoro e allo smart working per lavoratrici affetti da queste patologie; prevedere l’istituzione di un fondo regionale per le persone indigenti quando i trattamenti sono troppo costosi; promuovere campagne di informazione e di sensibilizzazione sulle problematiche relative alla vulvodinia volte a diffondere una maggiore conoscenza dei sintomi di queste patologie, specie nelle scuole. Ricordo che la vulvodinia è una malattia ginecologica caratterizzata da dolore cronico a carico della vulva e dei tessuti che circondano l’area genitale e pelvica. Una patologia che viene diagnosticata tardivamente, oltre a non essere curata per anni, sia perché sottostimata, sia perché percepita come difficile da affrontare. Ad oggi la diagnosi è basata sull'anamnesi della paziente e sulle sue percezioni soggettive. Per questi motivi tali patologie sono spesso sottovalutate o ignorate, anche perché spesso l'esame clinico non evidenzia nessuna lesione o segno evidente, pertanto il medico interpreta i disturbi lamentati dalla paziente come non ben specificati disturbi psichici o psicosomatici. Tali patologie non sono ancora riconosciute dal servizio sanitario nazionale e non sono incluse nei Lea. Quindi le cure e le terapie sono ad oggi interamente a carico delle pazienti e si stima che una donna affetta da vulvodinia cronica spenda da 20mila a 50mila euro. Si tratta di spese spesso insostenibili per molte donne, che sono costrette a rinunciare alle cure. L’11 luglio 2023 abbiamo illustrato in Aula un question time sul tema. Nella risposta l'assessore aveva dichiarato di essere favorevole a promuovere nella conferenza Stato Regioni un percorso di riconoscimento e di inserimento nei Lea”.
Interventi
Tommaso Bori (Pd): “Mi unisco alle critiche della consigliera Meloni sull’assenza della Presidente e dell’Assessore competente. Per tanti anni questa malattia è stata classificata come malattia minore, dovuta all’isteria, come tante altre patologie delle donne. Noi dobbiamo votare per riconoscere nei Lea la vulvodinia. Serve una rete di servizi, in particolare i consultori. Serve un supporto anche psicologico. Tra due giorni è la giornata mondiale della vulvodinia. Sarebbe importante arrivarci avendo approvato un testo sul tema”.
Eleonora Pare (FdI): “Mi piacerebbe capire quale sia lo stato dell’arte, visto che questo argomento era già stato affrontato. Propongo di parlarne in commissione e di audire il senatore Zaffini, presidente delle commissione Sanità del Senato, per capire se possiamo produrre un atto che possa essere utile da mandare al Governo”.
Tommaso Bori (Pd): “Siamo d'accordo sul rinvio in commissione, magari sentendo la commissione Sanità di Camera e Senato”. DMB/