INFORMAZIONE: “'L'UNITÀ', UN GIORNALE DA RIFONDARE” - UNA NOTA DI GORACCI (COMUNISTA UMBRO) SULLA CHIUSURA DEL QUOTIDIANO RILANCIA “LA NECESSITÀ DI UN NUOVO PROGETTO POLITICO A SINISTRA”
Il consigliere regionale Orfeo Goracci (Cu) interviene in merito alla chiusura del quotidiano 'l'Unità' ricordandone la storia e l'importanza e auspicando che un nuovo progetto editoriale possa riprendere quella esperienza. Per Goracci emerge anche la necessità di un nuovo soggetto politico della sinistra, per dare risposte a chi non intende “ammainare la bandiera della lotta per una società diversa, per un mondo diverso e possibile”.
(Acs) Perugia, 31 luglio 2014 - “Spero vivamente che tutto quello che rimane di quella che un tempo fu la gloriosa sinistra italiana, variamente dispersa e in diaspora, prenda atto, oltre che della necessità di un nuovo progetto politico, anche della necessità di rifondare un quotidiano come 'L'Unità': chi lo ha sabotato e, da ultimo, affossato, ne porta tutta la responsabilità. Ma anche chi restasse passivo dinanzi alla distruzione di un punto di riferimento con 90 anni di storia, senza reagire, senza indignarsi e senza fare qualcosa di concreto, porterebbe egualmente sulle sue spalle una gravissima responsabilità davanti alla storia, davanti al movimento operaio, davanti a milioni di comunisti, progressisti, democratici che non intendono ammainare la bandiera della lotta per una società diversa, per un mondo diverso e possibile”. Lo afferma il consigliere regionale Comunista umbro Orfeo Goracci, a commento della notizia della imminente chiusura del quotidiano.
Ricordando poi l'importanza del giornale nella sua esperienza politica, Goracci spiega: “Dalla metà degli anni '70 sono cresciuto politicamente con 'L'Unità', quotidiano fondato da Antonio Gramsci, del quale sono stato anche modesto diffusore. Imperdibili e memorabili i sagaci corsivi di Fortebraccio, caustico fustigatore del malcostume, degli scandali e delle ipocrisie dei partiti di governo. Certi titoli e certe prima pagine de 'L'Unità', penso ai funerali di Berlinguer, sono entrati indelebilmente nella storia italiana e non solo di quella del giornalismo. Ho continuato la lettura (anche se saltuaria) del quotidiano fino ad oggi, quando sotto agli occhi ho visto comparire il funereo (e solo fino a qualche anno fa impensabile) titolo: 'Hanno ucciso L'Unità'. La lettura giornaliera, costante, de 'L'Unità', l'avevo interrotta dal XX Congresso del Pci a Rimini, nel 1991, quando Occhetto sancì la morte del Partito ed io scelsi di continuare a militare e lavorare per una presenza politica comunista organizzata in Italia. 'L'Unità', per tutti i militanti comunisti, progressisti, democratici, antimperialisti, è stata per decenni un punto di riferimento insostituibile; persino gli avversari più irriducibili del movimento comunista e operaio non potevano evitare di sottrarsi a confronti e dibattiti sui temi sollevati dal giornale. Un quotidiano che sapeva fare opinione e accattivarsi vasti strati dell'opinione pubblica, anche in virtù della grande passione con la quale i compagni si dedicavano alla diffusione militante nelle piazze, nelle fabbriche, nei luoghi di ritrovo. Erano anni in cui la fede politica, i valori, la tanto deprecata ideologia, l'attivismo politico, sindacale, sociale in generale, muovevano l'Italia e il mondo intero verso traguardi di progresso, giustizia sociale, miglioramento delle condizioni materiali dei ceti subalterni, mai visti ne sognati fino a quel momento. Il Pci rappresentava, in tale contesto, una bussola puntata verso l'avvenire, con lo sforzo generoso e appassionato di milioni di uomini e donne che, in ogni ambito, quotidianamente, portavano le parole d'ordine della lotta per un mondo migliore, parole che diventavano poi realtà concreta e tangibile, anno per anno, nelle grandi conquiste sociali dell'Italia repubblicana”.
“Era un'Italia – continua Orfeo Goracci - alla quale il Pci, per dirla col compagno Togliatti, governava anche stando all'opposizione, grazie alla passione dei suoi militanti e alla capacità dei suoi dirigenti di elaborare una teoria e una prassi politica all'altezza delle fide del '900, dei nuovi bisogni emergenti di una società sempre più complessa eppur sempre divisa, dicotomia storica e dialettica, questa, costante nelle varie fasi del sistema capitalista, tra padroni e lavoratori, tra sfruttatori e sfruttati. In questo panorama, 'L'Unità' era uno strumento di battaglia, di approfondimento, di acculturazione per vaste masse, dal nord al sud del Paese. Si potrebbero citare addirittura i casi di umili braccianti del meridione d'Italia, di proletari che impararono a leggere, grazie alle cellule e alle sezioni del Pci, proprio su 'L'Unità'. Era un mondo completamente diverso rispetto a quello odierno, normalizzato e omologato dal pensiero unico del mercato e del neoliberismo: con la scusa del superamento delle ideologie, con la scusa della caduta dei muri (dopo l'89, tra l'altro, sono molti di più quelli che sono sorti di quelli che sono caduti. Si pensi ai muri israeliani edificati per comprimere e soggiogare i Palestinesi) si sono mandate al macero le idee, si è voluta distruggere ogni forma di pensiero critico verso il sistema capitalista, ogni idea per la quale al posto di quella attuale si può edificare un'altra società, diversa, all'insegna della giustizia, dell'equità, dell'assenza di ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo”.
Per il consigliere regionale si è trattato di “un'involuzione progressiva ed inesorabile che, dopo la fine del Pci, ha prodotto due schieramenti di centro–sinistra e centro–destra via via sempre più simili, accomunati dalla convinzione che oltre il capitalismo non vi sia sistema economico e sociale possibile. Il culmine di questo processo è il renzismo imperante, una parabola politica che si potrebbe riassumere, parodiando il titolo di un famoso film, così: 'sotto lo slogan niente'. Tonnellate di annunci su riforme che in realtà sono controriforme reazionarie e antipopolari e su azioni che, lungi dall'essere innovative, rappresentano quanto di più vecchio ci possa essere, dalla sostanziale abolizione dei principi cardine dello Statuto dei lavoratori fino al depotenziamento dello stato sociale, passando per una politica fiscale regressiva, penalizzante per i ceti popolari e condita dall'inganno degli 80 euro. Una politica che, per il Pd, ha significato e significa rottura di ogni sia pur tenue legame con una moderata linea socialdemocratica. In questo panorama – conclude Goracci - 'L'Unità' non poteva non risentire di forti contraccolpi nella sua stessa esistenza: dopo 90 anni, duole leggere che il giornale fondato da Antonio Gramsci chiude e chiude per passaggi, efficacemente riassunti dal Comitato di redazione, che hanno dell'incredibile, come quello dell'ingresso, nella compagine societaria, di un'ex senatrice di Forza Italia, che col suo atteggiamento (ma guarda che coincidenza) ha determinato l'irrigidimento dei liquidatori e la fine delle pubblicazioni. Dinamiche, queste, figlie dell'involuzione del Pd e di certa sinistra, che se qualcuno, un tempo, le avesse immaginate, sarebbe stato annoverato tra gli amanti della fantascienza. 'Ci hanno chiuso. In una sotterranea guerra di veti e controveti. Ecco i risultati'. Questo scrivono, e giustamente, con amarezza e rabbia, i giornalisti sul numero, forse il penultimo, recante la data del 30 luglio e per gran parte contenente (volutamente) pagine in bianco”. RED/mp