Regione Umbria - Assemblea legislativa


PILLOLA RU486: “NEL CASO DI COMPLICAZIONI FUORI DALL’OSPEDALE, SE LA DONNA FA CAUSA E CHIEDE I DANNI, A PAGARE SAREBBE IL MEDICO O LA REGIONE?” – INTERROGAZIONE DI ROSI (PDL)

In sintesi

Interrogazione di Maria Rosi (Pdl) alla Giunta sulle possibili problematiche connesse alla somministrazione della pillola abortiva RU486 in regime di day hospital, nei casi di complicazioni successive al di fuori della struttura ospedaliera: “chi paga se la donna fa causa e chiede i danni, il medico o la Regione?”.

 

 

 

(Acs) Perugia, 14 settembre 2011 – Il consigliere regionale Maria Rosi (Pdl) ha inoltrato un’interrogazione urgente alla Giunta inerente la somministrazione della pillola abortive RU 486 in regime di day hospital, con la quale chiede spiegazioni sulle responsabilità nei casi di complicazioni successive, al di fuori dell’ospedale, “contravvenendo alla legge 194 e nei casi in cui la donna decida di fare causa e chieda il risarcimento dei danni”.

 

“I tre pareri del Consiglio superiore di Sanità relativi alla somministrazione della pillola RU486  – spiega Rosi – sono orientati tutti per il ricovero ospedaliero e non per il day hospital che invece la Regione Umbria ha adottato non ritenendo valide le linee guida ministeriali, mentre la commissione tecnica che ha redatto le linee guida per la somministrazione della pillola abortiva non ha riportato in maniera chiara l’incidenza della mortalità riferite ad aborto medico e chirurgico, paragonandole, quasi omettendo che  nei casi di aborto medico è maggiore di molto di quella per aborto chirurgico. Inoltre – continua - non sono stati resi noti i curricula scientifici e professionali dei partecipanti alla commissione tecnica, il che lascerebbe capire che non volevano essere messi  a confronto con quelli degli esperti del Consiglio superiore della Sanità”.

 

Nell’atto ispettivo, Rosi fa anche notare che la “Food and drug administration” ha di recente aggiornato il sito dove sono riportati i dati sulla mortalità, e “la Giunta – sostiene – non li ha nemmeno presi in considerazione per il consenso informato”.

 

“L’aborto farmacologico – spiega - viene usato dopo i novanta giorni e consiste nel  processo che va dall'assunzione delle prostaglandine, il farmaco che induce le contrazioni, fino all'espulsione del feto. In quel caso, a nessuno viene in mente di suggerire alle donne di dimettersi dall'ospedale e tornare, eventualmente, se ne hanno bisogno. La definizione di aborto farmacologico con la RU486 non può essere  diversa, perciò – conclude – chiedo alla Giunta regionale: chi paga nel caso in cui l'aborto avviene al di fuori dell'ospedale, contravvenendo alla legge 194, e la donna fa causa e chiede risarcimento danni: il medico o la Regione?”. RED/pg


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