In sintesi
Il consigliere regionale del Pdl, Massimo Monni, interroga la Giunta per conoscere “i motivi che ostano all'attuazione dei programmi e quindi all'impiego effettivo delle risorse messe a disposizione con il Fondo regionale per la non autosufficienza, con particolare riferimento all’obiettivo dichiarato del sostegno alla domiciliarità e all’assistenza familiare. I cittadini umbri – spiega Monni - al momento non hanno usufruito dei 34 milioni stanziati nel 2008 in forza della legge regionale numero 9, né si sono osservati incrementi nei già esigui servizi offerti. E sia la legge 9 sia la legge regionale numero 28 del 2007, che prevede la possibilità di ottenere un contributo mensile per coprire gli oneri contributivi e previdenziali delle badanti, al momento sono lettera morta”.
(Acs) Perugia, 1 giugno 2011 – Il consigliere regionale Massimo Monni (Pdl) ha presentato un’interrogazione alla Giunta per conoscere “i motivi che ostano all'attuazione dei programmi e quindi all'impiego effettivo delle risorse messe a disposizione con il Fondo regionale per la non autosufficienza, con particolare riferimento all’obiettivo dichiarato del sostegno alla domiciliarità e all’assistenza familiare”.
“Con l’istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza – spiega Monni – la Regione avrebbe dovuto garantire e mettere in opera azioni tese a sviluppare, attraverso un sistema integrato, un sostegno concreto nei confronti delle persone non autosufficienti (minori, adulti ed anziani), strutturando un sistema locale di welfare idoneo ad accompagnare e tutelare le persone in condizione di non autosufficienza nell’ambito della rete integrata dei servizi e degli interventi, secondo l’approccio della ‘continuità assistenziale’. Il suddetto Piano avrebbe dovuto consentire di spendere risorse del Fondo regionale per la non Autosufficienza, pari a circa 32 milioni di euro, di cui 7 milioni di euro derivanti dalla quota del Fondo nazionale per la non autosufficienza (Fnna), 20 milioni e 750mila euro derivanti da dalla quota-parte del Fondo sanitario nazionale (Fsn) di parte corrente e 4 milioni di euro derivanti da risorse regionali proprie”.
“Inoltre – continua - il Consiglio regionale con la deliberazione 290 del 3 marzo 2009 ha indicato tra gli obiettivi prioritari del Prina il sostegno alla domiciliarità ed all’assistenza familiare. Ovvero si condivide a afferma il principio secondo cui le prestazioni garantite alla persona non autosufficiente vanno principalmente orientate verso la permanenza al proprio domicilio e verso misure ed interventi volti ad accrescere le possibilità di sviluppo psico-sociale della persona disabile, contenendo i casi di inserimento in strutture residenziali e privilegiando, soprattutto per i giovani disabili, la connotazione familiare dell’intervento e la temporaneità dell’inserimento. La domiciliarità, pertanto, si fonda sul presupposto della permanenza della persona nel proprio contesto di vita e nella rete di relazioni affettive e sociali garantita dalla presenza di servizi territoriali, dall'apporto dei familiari, e dalle risorse sociali informali (assistenti familiari, volontari etc.)”.
“Ma la Regione Umbria – aggiunge - abrogando la legge regionale 24 del 2004, ‘Assegno di cura per l'assistenza a domicilio di anziani gravemente non autosufficienti’, ha di fatto eliminato la possibilità per numerose famiglie umbre di accedere direttamente alle somme stanziate nel fondo per la non autosufficienza, obbligando i potenziali beneficiari a ricorrere alle residenze verso le quali vengano orientate le risorse da parte della Regione, mentre nella legge regionale 9 del 2008, ‘Istituzione del fondo regionale per la non autosufficienza e modalità di accesso alle prestazioni’, non si fa riferimento all'assegno di cura ma paradossalmente si sottolinea l'importanza di mantenere l'anziano malato o il disabile nel proprio contesto familiare”.
Monni ricorda che l'assegno di cura, “strumento adottato in molte regioni italiane e disapplicato dalla Regione Umbria, è finalizzato al supporto delle famiglie che ospitano disabili o anziani non autosufficienti” e che molte regioni, come Lombardia, Veneto, Liguria, Trentino, Sardegna e Sicilia, offrono alle famiglie con disabili cifre che variano dai 300 ai 1800 euro al mese. Uno degli obiettivi prevalenti di queste elargizioni è quello di evitare il ricorso a residenze, istituti o più semplicemente ospizi, ove altrimenti famiglie sempre più in difficoltà economiche o comunque a basso reddito sarebbero costrette a relegare i propri cari. Nelle strutture pubbliche o private i costi per l'assistenza sono altissimi e variano da un minimo di 1500 fino a 10mila euro al mese. Con le stesse cifre – secondo Monni - si potrebbero supportare molte più famiglie con persone non autosufficienti, evitando il non sempre opportuno sradicamento dai propri contesti di vita”.
Infine, secondo Monni “la scelta di eliminare l’assegno di cura a favore dell’integrazione delle rette delle residenze è anti-economica, poiché l'importo medio di un assegno di cura alle famiglie in Italia si aggira intorno ai 500 euro, con punte di 1900 in Trentino, l'integrazione delle rette delle residenze comporta esborsi mensili, che solo per la parte di pertinenza dello Stato, vanno ben oltre i 1500 euro al mese, fino ad arrivare in alcuni casi a 9000 euro al mese. Ma i cittadini umbri al momento non hanno usufruito dei 34 milioni stanziati nel 2008 in forza della legge regionale numero 9, né si sono osservati incrementi nei già esigui servizi offerti. E sia la legge 9 sia la legge regionale numero 28 del 2007, che prevede la possibilità di ottenere un contributo mensile per coprire gli oneri contributivi e previdenziali delle badanti, al momento sono lettera morta”.
A conclusione della sua analisi, il consigliere del Pdl ricorda che le Asl, “nell'ambito di attuazione della suddetta legge regionale ‘9/2008’, hanno predisposto ed approvato degli specifici programmi operativi alla cui realizzazione la Giunta ha destinato, a dicembre 2008, risorse pari 4 milioni di euro (DRG n. 1673/08)”. RED/pg