Regione Umbria - Assemblea legislativa


CONSIGLIO REGIONALE (1): RESPINTE LE DUE MOZIONI DELLA MINORANZA SULLA SOMMINISTRAZIONE DELLA PILLOLA ABORTIVA RU486

In sintesi

Con 16 voti favorevoli e 10 contrari il Consiglio regionale ha respinto le due mozioni presentate dalla minoranza sulle modalità di somministrazione della pillola abortiva RU486. Il dibattito si è articolato su due distinte posizioni: la prima, sostenuta dalle due mozioni respinte, riguardava la necessità di tenere conto dei pareri forniti dal Consiglio superiore di Sanità e dall’Agenzia italiana del farmaco, che prevedono il ricovero obbligatorio. La seconda, variamente articolata dalle forze politiche di maggioranza, a sostegno della metodologia adottata dalla Giunta regionale per la predisposizione delle linee guida in materia.

(Acs) Perugia, 9 novembre 2010 – Il Consiglio regionale ha respinto con 16 no e 10 si le due mozioni presentate dalla minoranza sulle modalità di somministrazione della pillola abortiva RU486. Assenti al momento del voto i consiglieri Barberini, Smacchi, Tomassoni (PD), Modena (Pdl, per impegni precedentemente assunti) e il presidente dell’Assemblea Brega, che ha motivato la sua assenza riferendola a questioni di “coscienza, storia e cultura personale”, e per il rispetto del ruolo istituzionale da lui ricoperto.

Il dibattito si è articolato su due distinte posizioni: la prima, sostenuta dalle due mozioni respinte, riguardava la necessità di tenere conto dei pareri forniti dal Consiglio superiore di Sanità e dall’Agenzia italiana del farmaco, che prevedono il ricovero obbligatorio. La seconda, variamente articolata dalle forze politiche di maggioranza, a sostegno della metodologia adottata dalla Giunta regionale per la predisposizione delle linee guida in materia.

 

La mozione proposta da tutti i consiglieri regionali di centrodestra (De Sio, Lignani Marchesani, Mantovani, Monni, Nevi, Rosi, Valentino, Zaffini, Modena, Cirignoni) e sottoscritta anche dall’Udc (Monacelli), chiedeva l’impegno della Giunta a “seguire le indicazioni di tipo medico e normativo espresse dalle principali e più autorevoli istituzioni sanitarie del Paese”, vale a dire che i protocolli per l’aborto farmacologico con la cosiddetta ‘pillola RU486’ e successiva prostaglandina prevedano esclusivamente il regime di ricovero ordinario per la donna che dovesse scegliere tale procedura”. Inoltre questa mozione chiede di “monitorare con attenzione le possibili criticità di tipo gestionale, segnalate nelle linee di indirizzo trasmesse dal Ministero alle Regioni, per quanto riguarda eventuali dimissioni volontarie della donna contro il parere medico”.

L’illustrazione in Aula di questa mozione è stata fatta dal primo firmatario ALFREDO DE SIO (Pdl): “Non contestiamo il diritto delle Regioni di scegliere il percorso sanitario da seguire – ha detto - ma chiediamo che si rispettino le regole e le autorevoli prescrizioni del Consiglio superiore di Sanità, che con tre successivi pareri ha affermato che, alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell’interruzione farmacologica di gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell’interruzione chirurgica, solo se l’interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero. Quindi, l’associazione di mifepristone e misoprostolo deve essere somministrata in ospedale pubblico e la donna deve essere ivi trattenuta fino ad aborto avvenuto”.

 

La seconda mozione, proposta dai consiglieri Zaffini (Fli) e Monacelli (Udc), chiedeva l’impegno della Giunta a “sottoporre al parere del Ceas (Comitato etico delle Aziende sanitarie della Regione Umbria) le linee guida predisposte dal comitato tecnico nominato dalla Giunta per l’introduzione, nei servizi delle Aziende sanitarie della regione, delle tecniche di interruzione di gravidanza con metodica medica”.

FRANCO ZAFFINI (Fli), che ha illustrato in Aula l’atto, ha ricordato anche il parere dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), che prevede che “l’impiego del farmaco debba trovare applicazione nel rigoroso rispetto dei precetti normativi previsti dalla legge “194/1978” a garanzia della tutela della donna; in particolare deve essere garantito il ricovero in una delle strutture sanitarie individuate dalla legge, dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento”.

“Qui non si vuole limitare l’autodeterminazione della donna e retorica varia – ha detto Zaffini – ma semplicemente chiedere un parere al Ceas, che è un comitato tecnico scientifico composto da illustri clinici e può dare un giudizio che si andrebbe ad aggiungere alle linee guida predisposte dalla Regione, perché così come sono non vanno bene. Qualcuno si è inventato l’aborto a domicilio – ha affermato Zaffini – e vuole somministrare il farmaco, mandare a casa e lasciare che la donna espella a domicilio, quando tutta la dottrina sanitaria sul caso avverte che è pericoloso. Inoltre – ha aggiunto – le linee guida sulla somministrazione della pillola abortiva sono state emanate durante l’estate ed entro il mese di settembre si sarebbe dovuto avviare un percorso di partecipazione con la Comunità tecnico-scientifica, cosa che non è avvenuta”.

 

INTERVENTI

PAOLO BRUTTI (Idv) “NON È GIUSTO PENALIZZARE CHI VUOL ABORTIRE RICORRENDO A TECNOLOGIE PIÙ UMANE - Le interruzioni di gravidanza sono fissate dalla Legge 194 che è del 1978. Da allora sono nate nuove metodiche, anche farmacologiche come questa della RU486 . Si può dire che siano tecnologie più umane rispetto a quelle chirurgiche di allora. Non è giusto penalizzare una donna che, già di per se sotto stress per la scelta che sta facendo, venga obbligata a seguire una tecnica vecchia e più invasiva. Se si parte da questo assunto e si esamina freddamente la questione, dovremmo stabilire il principio che spetta al medico la scelta della tecnica da utilizzare. Nel caso specifico della RU486  si tratta della somministrazione di due pillole con una metodica prevista da protocolli medici precisi. Sul concetto di regime di ricovero dobbiamo pensare ad una sorta di day hospital e la legge in tale ambito fissa il principio di garantire da parte della struttura sanitaria il ricovero, ma questo non significa obbligare la donna il ricovero. Le linee guida preparate in Umbria da una commissione di esperti, e delle quali sollecito l'applicazione, prevedono un arco di tempo di 14 giorni, caratterizzato da amplissimi margini di sicurezza, all'interno dei quali il ricovero possibile è solo di tre ore, dopo la somministrazione della prima pillola”.   

 

SANDRA MONACELLI (Udc) “IGNORATE LE MORTI DI 31 DONNE PER USO DELLA RU486, CASI IN AUMENTO, SOPRATTUTTO FRA LE GIOVANISSIME - Non ci sono in quest'Aula esperti tali da poter parlare di somministrazioni di pillole ed effetti eventuali sulla salute delle donne. Ci si discosta con troppa leggerezza dalle linee sanitarie fissate a livello nazionale. Il Ministero della salute più autorevole della Giunta umbra fissa linee impostate sul diritto alla salute delle donne e il Consiglio superiore di sanità ritiene necessario che l'uso della pillola sia seguito dai medici fino alla completa espulsione del feto. La soluzione ricovero in day hospital, invece, si ispira ad una sorta di aborto fai da te. Se tre pareri di organi scientifici arrivano alle stesse conclusioni ne dobbiamo tenere conto, perché l'aborto non è un valore ma una piaga sociale. Dobbiamo lavorare sulla prevenzione che non può essere affidata a pillole da poter assumere a casa propria come se l'aborto fosse un fatto strettamente privato. Oggi vengono ignorate le tante morti delle donne che hanno utilizzato questa pillola ed i casi sono in aumento, soprattutto fra le giovanissime. E' grave che questi dati emergano solo da studi condotti in alcuni paesi come gli Stati Uniti, e non in tanti altri paesi. In Italia si è saputo solo in forte ritardo dei cinque casi mortali verificatisi in Inghilterra. E ad oggi nonostante la mancanza di studi e il silenzio che circonda l'argomento, si sa che nel mondo si sono avuti almeno 31 decessi di donne a seguito dell'utilizzo della pillola abortiva”.

 

 

MASSIMO BUCONI (socialisti) “E' IL MEDICO CHE DEVE INDICARE QUALI SCELTE E QUALE PERCORSO SEGUIRE PER CONSENTIRE ALLA DONNA DI DECIDERE LIBERAMENTE DI ABORTIRE -  E' un argomento molto serio, perché ha a che fare con la maternità e la sua importantissima tutela, e non solo con il diritto alla salute della donna. Nel merito di alcuni spunti emersi dal dibattito credo che nessuno possa dire che in Umbria le donne non abbiano diritto di cittadinanza. Sono comunque convinto che l'operato della Giunta in questa materia è stato più che corretto. Il problema è che la politica dovrebbe  lasciare all'ambito medico le scelte più delicate su questi problemi. E' il medico che deve indicare quali scelte e quale percorso seguire per consentire alla donna  di decidere liberamente di abortire”.

 

DAMIANO STUFARA: “IN ITALIA LA SOMMINISTRAZIONE DELLA RU 486 CON VENTI ANNI DI RITARDO - La questione RU 486 ha fatto capire che non è ancora risolta la questione relativa all’aborto. Rappresenta il tema dell’autodeterminazione della donna. Avere a disposizione modalità meno invasive non rende più banale e più facile una scelta comunque drammatica e difficile della donna. Il tema non è se il farmaco, invece dell’intervento chirurgico,  renda più facile l’interruzione di gravidanza, ma se il farmaco renda più libera e consapevole la donna nella sua difficile e drammatica scelta. Con venti anni di ritardo l’Italia, rispetto alla Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, ha autorizzato la somministrazione di questa pillola. In Francia la somministrazione della pillola viene effettuata anche a domicilio, a seguito di un corso di formazione adeguato per il medico di medicina generale che pratica la terapia.  Il primo riferimento normativo deve essere la legge dello Stato, vale a dire la legge 194 che prevede (art. 8) le modalità con le quali l’interruzione di gravidanza può essere praticata. Secondo i presentatori delle mozioni sarebbe possibile praticare l’interruzione di gravidanza secondo la modalità chirurgica e non lo sarebbe invece con quella farmacologica. Si tratta di una evidente contraddizione, ma anche di una aberrazione dettata dal furore ideologico. Queste pratiche devono essere praticate nello stretto rapporto tra medico e paziente, da qui la scelta di modalità della somministrazione del farmaco che deve tener conto delle condizioni di salute della donna e quindi anche, in alcuni casi del ricovero, ma no all’obbligo per legge.  Quindi sostegno al rapporto medico-paziente, ma rispetto del dettato normativo vigente nel nostro Paese. Da rilevare che otto medici su dieci, in Umbria sono obiettori di coscienza, quindi diventa difficile anche esercitare un diritto, da parte della donna, previsto nella legge 194. Spesso, per questo, nelle strutture sanitarie manca il personale per far sì che venga effettuata la pratica di interruzione volontaria della gravidanza. Auspico che la Giunta possa trovare la volontà politica necessaria per affrontare questa tematica. Ricordo che nelle prime dodici settimane, per legge, la volontà femminile pesa di più del diritto del concepito. Si tratta di un principio su cui si basano tutti i Paesi occidentali. Sostegno pieno al percorso intrapreso dalla Giunta regionale”.

 

MARIA ROSI (PDL): “GARANTIRE ALLA DONNA LIBERTÀ DI SCELTA, APPLICARE LA LEGGE NAZIONALE – Il vero problema che si cela dietro alla pillola Ru486 riguarda la scelta aborto sì/aborto no e in verità questo è un argomento difficile da affrontare in una Assemblea composta quasi esclusivamente da uomini. Nel momento in cui le donne decidono di abortire hanno bisogno di tutela e della vicinanza delle istituzioni: una tutela che può essere garantita solo in ospedale. L'unico luogo in cui si può affrontare un dolore come questo. Non c'è solo un problema di etica ma anche di morale. Si tratta soltanto di applicare la legge nazionale: se la donna non vuole restare in ospedale può firmare ed uscire, come succede per ogni ricovero. E' inutile che facciamo incontri con i massimi esponenti della Chiesa se poi la maggioranza boccia le mozioni che vanno a tutela della vita e dunque dei valori cattolici”.

 

GIANLUCA CIRIGNONI (Lega Nord): “SOMMINISTRAZIONE DELLA PILLOLA ABORTIVA IN AMBIENTE OSPEDALIERO. LA PRESIDENTE MARINI RIDIA CREDIBILITA’ ALLA SANITA’ UMBRA LICENZIANDO IL DIRETTORE DELL’ASL 3 - Colgo l’occasione per rivolgere un appello alla presidente Marini di ridare credibilità alla Sanità umbra licenziando il direttore dell’Asl numero 3. Per quanto riguarda le mozioni sulla pillola abortiva, siamo favorevoli ad entrambe. La legge 194 del ’78 è una buona legge, che è entrata nel comune sentire degli italiani per il modo in cui tutela le donne, e prevede il ricovero ospedaliero. Non ci sono, a nostro avviso, delibere di Giunta che possano travisare quanto disposto dalle legge. Pensiamo anche al percorso psicologico difficile, tragico che le donne devono affrontare. Per questi motivi ribadiamo che è indispensabile tenere conto dei pareri del Consiglio superiore della sanità e dell’Agenzia italiana del farmaco, così come sottoporre la questione al Ceas (Comitato etico aziende sanitarie regionali), quindi adottare la somministrazione della pillola abortiva in ambiente ospedaliero”.

 

VINCENZO RIOMMI (PD): “SUPERATO L’ECCESSO STRUMENTALE DI DIBATTITO POLITICO, ACCOMPAGNIAMO QUESTO PERCORSO PER COME E’ STATO PENSATO - Su un punto dovremmo essere tutti convinti: dopo un lungo e meditato percorso, l’Italia si è dotata di una legge (la 194, ndr) che definisce il punto di equilibrio fra i tanti diritti e gli interessi in questione. Il popolo italiano ha confermato anche con due referendum la propria volontà di confermare la legge 194, e non dimentichiamoci i risultati a cui ha portato quella legge per la tutela delle donne e la disciplina dell’interruzione volontaria della gravidanza: ha eliminato quasi completamente l’aborto clandestino, ha ridotto le interruzioni di gravidanza al 30 per cento di quante erano venti anni fa, e il 25 per cento delle donne che lo fanno ancora proviene da fuori regione, e di queste la metà non sono italiane. La nostra regione inoltre, è l’unica ad avere messo in campo non un banale percorso di recepimento dei pareri, ma un percorso di partecipazione per verificare se i servizi pensati un tempo possono andare bene ancora oggi, quindi come accompagnare le donne che si trovano in quella situazione. Un percorso di partecipazione che adesso diverrà ancora più ampio, e soltanto dopo di ciò la Giunta renderà operative le linee guida sull’utilizzo della pillola. Ricordo anche che tocca alle Regioni definire i livelli essenziali di assistenza, infatti il Ministero dà un parere ma chi legifera è l’Assemblea regionale. Quindi, superato l’eccesso strumentale di dibattito politico, accompagniamo questo percorso per come è stato pensato. Non facciamo i paladini ma gli amministratori, che rispondono alle esigenze con servizi conformi alla legge”.

 

Presidente CATIUSCIA MARINI (conclusione del dibattito) “L'UMBRIA È FRA LE ULTIME REGIONI A MUOVERSI IN TEMA DI RU486, PROPRIO PER LE CAUTELE ADOTTATE  E PER IL RISPETTO DELLE DIVERSE POSIZIONI MEDICO-SCIENTIFICHE EMERSE” - La somministrazione della RU486 rientra nelle competenze concorrenti che la legge riconosce alle Regioni. In forza di questo L'Umbria ha deciso di seguire un doppio procedimento stabilendo un parere da fornire alle Aziende sanitarie sulle modalità da applicare, sui protocolli clinici, sui posti letto nei reparti e le modalità di ricovero da assicurare. E' nata con questi intendimenti la scelta politica di istituire un comitato tecnico, formato da operatori indicati da aziende sanitarie, medici ed Università per stilare linee di indirizzo che, una volta elaborate e prima della formale adozione, fossero anche oggetto di un'ampia partecipazione. Il comitato si è insediato nel maggio 2010, con l'indicazione che la somministrazione della RU486 avvenga nell'ambito della Legge 194. Ed è questa legge a dire che l'interruzione può avvenire negli ospedali o in poliambulatori appositamente attrezzati. Nonostante ciò, abbiamo comunque deciso che  la fase informativa può avvenire a livello di poliambulatori, ma non quella operativa, che dovrà essere fatta esclusivamente a livello ospedaliero, contando sull'insieme del personale medico e paramedico chiamato alla diretta gestione dell'intervento. Il cosiddetto consenso informato prevede 14 punti che indicano tutti gli elementi relativi agli aspetti medici ed farmacologici dell'aborto. Anche per questo cautele preventivamente adottate, l'Umbria è fra le ultime regioni a muoversi, proprio nel rispetto delle diverse posizioni medico scientifiche emerse. In tal senso abbiamo previsto che nell'ambito del Comitato costituitosi avessero un ruolo le varie associazioni, anche quelle contrarie alla pillola.

Le scelte fatte si inseriscono nella costatazione che la 194 si pratica in Umbria fin dall'inizio in ben 41 centri che in primo luogo fanno informazione scientifica. Anche per queste scelte consapevoli, le donne umbre hanno ridotto del 70 per cento il ricorso all'aborto: un dato sensibilmente modificato dall'aborto che praticano molte donne straniere che comunque stiamo cercando di contrastare. Il nostro compito istituzionale è garantire la miglior qualità ed adeguatezza sanitaria. Non spetta alla politica stabilire con quali tecniche si devono fare aborti, è questa una competenza che dobbiamo lasciare al mondo medico scientifico”.

 

REPLICHE E DICHIARAZIONI DI VOTO

 

FRANCO ZAFFINI (FLI): “L'Umbria sembra semplicemente costretta a seguire le scelte già fatte dalle altre 'Regioni rosse'. Con la vostra retorica sul parto e sulle donne dimostrate di non avere argomenti per contestare le linee guida dell'Agenzia per il farmaco. La salute della donna riguarda tutti e non solo le donne. Il Consiglio superiore della sanità e l'Agenzia per il farmaco hanno spiegato chiaramente come ci si deve muovere: voi state seguendo una strada puramente ideologica”.

 

ALFREDO DE SIO (PDL): “Questa Regione è in ritardo rispetto alle altre sull'applicazione dei protocolli, a causa del vostro approccio ideologico. Si sta tentando di ostacolare una scelta scientifica del Consiglio superiore della sanità. Le linee guida nazionali per la Ru486 sono state richieste proprio dal Pd, che ha presentato una mozione parlamentare in cui si parla proprio di ricovero ospedaliero”.

 

SANDRA MONACELLI (UDC): “Voterò in favore delle due mozioni, opportune ed utili alla luce di un dibattito basato sull'ideologia e sull'assenza di coraggio. L'unico orgoglio che si p manifestato in quest'Aula è quello ideologico di una Regione che vuole ad ogni costo contrastare il Governo nazionale”. PG/MP/GC/AS/TB

 


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