Regione Umbria - Assemblea legislativa


SERVIZI SOCIALI: VOTATA A MAGGIORANZA LA LEGGE DI RIFORMA DEL SETTORE CHE NE AFFIDA LA GESTIONE A ZONE SOCIALI ED ATI - PER L’ASSESSORE UN MODELLO DA ESPORTARE PER IL PDL TROPPO BUROCRATICA,

In sintesi

Con sedici voti favorevoli espressi dai consiglieri della maggioranza, contro sei del Pdl, e l’astensione di Melasecche (Udc), il Consiglio regionale ha approvato i cinquanta articoli del disegno di legge predisposto dalla Giunta, “Disciplina per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali” che riorganizza il settore su base territoriale individuando dodici Zone sociali che fanno capo ai quattro nuovi Ati. L’atto è stato presentato da due distinte relazioni, quella di maggioranza fatta in aula da Enzo Ronca presidente della terza Commissione e quella di Enrico Sebastiani consigliere di FI-Pdl.

(Acs) Perugia, 21 dicembre 2009 - I servizi sociali umbri organizzati territorialmente su dodici ‘zone sociali’, corrispondenti agli attuali distretti sanitari, ed affidati ai quattro Ambiti territoriali integrati con la supervisione dei comuni che ne restano titolari. E’ la riforma varata dal Consiglio regionale che per l’assessore Damiano Stufara, ha l’ambizione di proporsi come modello organizzativo di livello nazionale, mentre per l’opposizione rischia di appesantire burocraticamente la gestione del settore e di svuotare l’autonomia dei comuni.

A favore dei cinquanta articoli del disegno di legge della Giunta hanno votato a favore sedici consiglieri della maggioranza, contro sei del Pdl, astenuto Enrico Melasecche (Udc). Prima del voto finale, a voti unanimi è stato approvato solo uno dei cinque emendamenti presentati dai consiglieri del Pdl per rafforzare il carattere “associato” della gestione dei servizi da parte delle zone sociali. Illustrando i contenuti del provvedimento, “Disciplina per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali” ENZO RONCA, relatore di maggioranza e presidente della terza Commissione ha detto: “Con la nuova legge l’Umbria si avvia a superare una fase giovanile, caratterizzata da un certo spontaneismo delle politiche sociali, per arrivare alla maturità dell’età adulta che richiede responsabilità e stabilizzazione. Il sistema sociale umbro, già ampiamente collaudato, si affida ad un nuovo assetto organizzativo che fa capo alla recente riforma endoregionale, quella degli Ati, per offrire ai soggetti pubblici e privati, protagonisti attivi di questa legge, una lettura chiara e trasparente dei principi di solidarietà e di responsabilità, e regole applicative semplici nel rispetto dell’autonomia di ogni ente, a cominciare dai Comuni che restano titolari della materia. Fondamentale nel nuovo assetto organizzativo dei servizi, il ruolo delle Zone sociali, un’articolazione degli Ati corrispondenti agli attuali distretti sanitari che di fatto assicureranno la gestione associata dei servizi e degli interventi nei dodici territori.  Un ruolo importante viene riconosciuto a tutti quegli organismi non lucrativi di utilità sociale  della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni ed enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose, che partecipano all’elaborazione del piano, attraverso appositi tavoli di coprogettazione e di concertazione. Alla base della legge c’è il mutato contesto sociale del Paese in questi ultimi dieci anni e più in particolare dell’Umbria che si può riassumere in almeno quattro fenomeni sociali rilevanti: la vulnerabilità delle famiglie; l’invecchiamento della popolazione; l’immigrazione di seconda generazione; l’emergenza adolescenti. ? una legger complessa e vasta suddivisa in undici titoli ed in complessivi 50 articoli, che dopo un lungo lavoro di approfondimento fatto in terza Commissione è stato notevolmente asciugato e reso il più agile e conciso: su questa l’Umbria intende dotarsi di un sistema capace di creare un nuovo welfare commisurato alle trasformazioni della nostra società sempre più complessa: altre regioni come la Lombardia stanno scegliendo la via più breve di ricorre a forme assicurative lasciando chi non ce la fa ad affrontare da solo i suoi problemi. Al contrario, per ENRICO SEBASTIANI, relatore di minoranza, quella in discussione, “E’ una legge condivisibile nei principi sacrosanti che enuncia, ma che si limita a mettere qualche cerotto sulle ferite, perché sarà difficile farla funzionare per la sua eccessiva complessità e burocratizzazione. Molte osservazioni in sede di partecipazione non sono state recepite, nemmeno negli ultimi emendamenti della Giunta. La legge è carente anche come analisi dei problemi, ad esempio non ci dice quanti sono i soggetti portatori di handicap in Umbria. In Commissione non si è voluto inserire il vecchio e sempre valido principio della fraternità, molto simile alla solidarietà: oggi lo ripropongo come principio etico largamente condiviso confidando nelle disponibilità dimostrata dall’assessore, ma non da alcuni colleghi della maggioranza. Nel merito voglio evidenziare che 21 comuni umbri fra i più grandi (Perugia, Foligno, Todi) hanno aderito alla Associazione Città della fraternità. Le risorse finanziarie si riveleranno insufficienti, perché tanti servizi che potrebbe garantire il privato sociale peseranno eccessivamente sul pubblico: Occorre avere la consapevolezza che gli enti non possono più fare da soli, e su questo la legge non prevede la possibilità di reperire altre risorse, ad esempio da elargizioni che potrebbe assicurare alcune società a cominciare da quelle partecipate con utili da destinare a funzioni etiche.  L’ente Ati finirà per appesantire i costi dei servizi oltre che configurarsi nelle duplice inaccettabile veste di erogatore degli interventi e controllore degli stessi. La normativa rischia poi di svuotare l’autonomia dei comuni, che oggi sono i soggetti più vicini alle aspettative della gente, fino a creare disparità di trattamento. La legge è anche carente sul versante dei servizi educativi, citati nell’articolo uno ma poi non disciplinati. Come Pdl siamo contrari al disegno di legge perché non capace di affrontare i problemi di oggi e le sfide che ci attendono. Concludendo il dibattito l’assessore regionale ai servizi sociali DAMIANO STUFARA ha replicato: “L’Umbria con questa legge che si completerà con l’imminente approvazione del Piano regionale dei servizi sociali, ha l’ambizione di proporsi come modello organizzativo anche a livello nazionale, perché già da anni siamo all’avanguardia nel settore dei servizi sociali, fino a fare da battistrada. Ci siamo mossi da una realtà sperimentata e consolidata, puntando a valorizzare i punti di forza come le forme di collaborazione avviate dai comuni e il ruolo rilevantissimo avuto dal terzo settore; ma anche per superare elementi di criticità dovute alle disuguaglianze e disomogeneità che si stava creando in alcune esperienze associative condotte dai comuni, in parte dovute alle stesse diversità territoriali. Sulla legge c’è stato un proficuo lavoro in terza Commissione. La sua stesura è stata preceduta da due Forum regionali, da un amplissimo confronto con i comuni, con il terzo settore, il volontariato e il mondo sindacale. In ogni occasione abbiamo dimostrato disponibilità a raccogliere suggerimenti. Ci inseriamo a pieno titolo nella attuazione della legge endoregionale del 2007 che guarda alla logica della area vasta, introducendo molte innovazioni, fra le più importanti: il modello di governance, commisurato al welfare comunitario che l’Umbria ha scelto; il modello universalistico, con la famiglia posta al centro dei problemi; la gestione associata dei servizi, individuata come strumento capace di superare la frammentazione derivante dal livello dei 92 comuni; l’applicazione concreta del principio fin qui teorico della sussidiarietà, con regole precise per ciascun soggetto. Innovazioni riguardano anche le zone sociali e il tema dei Liveas (livelli essenziali si assistenza sociale) sui quali ’Umbria, prima regione d’Italia, va a coprire inaccettabili carenze nazionali. Per la prima volta si introduce l’istituto dell’accreditamento per i soggetti non pubblici; si escludono le gare al massimo ribasso in difesa della qualità; si riconosce il ruolo delle cooperative sociale, affidandogli il cinque per cento dei servizi esternalizzati; si introduce il concetto di compartecipazione ai costi dei servizi, la stessa in tutto il territorio; si affronta il problema della formazione professionale senza disperdere le energie umane che createsi in questi anni. In merito alle critiche emerse, chiedo ai consiglieri di opposizione se ritengano più idonea una gestione frammentata mantenendo 92 stazioni appaltanti, una per ogni comune umbro. Ricordo infine che il Governo ha demolito il piano sociale nazionale, passando da 15 milioni a 7 attuali, applicando una sorta di concetto di mancia che da elargire ai cittadini in difficoltà. In Umbria, siamo invece passati dai 6 milioni e spiccioli di euro del 2007 fino ai 10 milioni e 600mila del 2010.  Interventi ARMANDO FRONDUTI (Pdl): “MAGGIORI INTERVENTI PER LE FASCE PIÙ DEBOLI - Prendiamo atto di alcune positive novità rispetto al precedente testo e dello sforzo della Regione in merito al miglioramento della qualità della legge dandole un assetto importante. Positiva la semplificazione che evita la frammentazione dei 92 comuni; i livelli essenziali per le prestazioni sociali su scala regionale; la sussidiarietà orizzontale che, gradualmente, permette di sperimentare percorsi concreti. Urgono però maggiori interventi per le fasce più deboli. Per quanto riguarda le risorse è giusto prendere atto della difficoltà economica generale a livello governativo e quindi delle minori risorse riservate alle Regioni. E’ indubbio che la Regione Umbria ha fatto uno sforzo importante al fine di garantire, almeno, i livelli di base. Tuttavia, in questa norma, non esiste l’attivazione di uno spazio pubblico poliarchico sottratto al monopolio della politica. C’è ancora troppa burocrazia che non avvicina la politica ai cittadini. Bisogna realizzare una sussidiarietà orizzontale e verticale in maniera corretta a beneficio delle autonomie locali e delle formazioni sociali intermedie, contro tentazioni neo centralistiche. L’Umbria ha bisogno di aprirsi di più verso le altre regioni del centro Italia. Va evidenziato il ruolo della Regione di individuare le giuste politiche rivolte ai giovani con in primo luogo gli interventi necessari a reprimere il fenomeno preoccupante della droga. In merito ai soggetti più deboli vorrei sottolineare il ruolo delle cooperative sociali di tipo B per le quali, invece, in questo Piano si evince una certa riluttanza. Le politiche sociali dovrebbero lavorare per il bene comune, per il benessere e la tutela delle persone, ma oggi gli attuali strumenti previsti sono superati dai tempi. La nostra normativa non interviene nel giusto modo nell’integrazione sanitaria poiché la strategia di programmazione regionale e locale, spesso, si differenzia sia da quella nazionale che da quella, soprattutto, degli enti locali. La gran parte dei servizi è portata avanti da soggetti del privato sociale. Auspico che in questo consesso, in futuro, si possano recuperare i grandi valori della solidarietà e dei diritti umani per rilanciarli insieme”. ANDREA LIGNANI MARCHESANI (Cdl per l’Umbria): “NECESSARIO UN RIEQUILIBRIO DI GOVERNANCE PIU’ CONTATTI DIRETTI E MENO ACCENTRAMENTO - Il relatore di minoranza, Sebastiani, ha bene espresso le criticità valoriali e di principio proprie di questa norma che non dovrebbe, invece, perdere mai di vista la tutela di coloro che hanno più necessità e bisogni. Vorrei rimarcare una questione che non è di mera governance, ma che invece ha dei riverberi politici e di compatibilità con la gestione dei servizi. E’ evidente che questa normativa è legata alla riforma endoregionale del 2007 e ne rappresenta il primo banco di prova. Poiché, ad oggi, non abbiamo riscontri, possiamo definirla un’applicazione di una riforma che aveva capacità positive poiché riequilibrava i territori dell’Umbria in quattro macro ambiti territoriali integrati, ma dall’altro lato si è creato un Ente, di fatto, di secondo livello le cui competenze non risultano chiare. Invece di rappresentare una delega di decentramento che valorizzi il ruolo delle municipalità, rappresenta uno strumento accentratore. Non sappiamo se lo spirito del legislatore avesse, da allora, queste peculiarità, ma è chiaro che la cronaca politica degli ultimi due anni ha evidenziato il cambiamento di bandiera politica di alcuni comuni. Ciò ha determinato la volontà della Giunta regionale di riparametrare le competenze degli Ati per non cedere quote di potere, condizionando, di fatto, l’iter di approvazione di questa legge. La legge ha anche subito degli ‘stop’ in Commissione all’indomani di audizioni dove alcuni Comuni chiedevano puntualizzazioni e sostanziali emendamenti, alcuni dei quali sono stati, tra l’altro, recepiti. L’accentramento di risorse da parte dei Comuni rispetto all’Ati era da noi auspicato poiché forniva anche un riequilibrio di gestione dal punto di vista politico. Siamo convinti che il Comune, per la gestione della sanità e, a maggior ragione, del sociale, rappresenti l’ente più vicino al cittadino e quello che può comprenderne meglio di tutti i bisogni. Oltretutto, il Comune, rappresenta una democrazia di elezione diretta da parte dei cittadini. Questi valori si perdono invece nell’accentramento degli Ati. Il concetto di controllo di gestione può essere maggiormente focalizzato sottolineando il concetto di premialità che non può scindersi dal concetto di gestione associata, che garantisce anche l’interazione del piccolo comune nella pianificazione più vasta e diffusa delle potenzialità. A breve gli Ati potrebbero avere competenze anche per quanto riguarda la Protezione civile. Per questo è necessario un riequilibrio di governance”. ALDO TRACCHEGIANI (Gruppo misto): “DELUSO DALLA DISATTENZIONE AI BISOGNI DELLA GENTE - Mi sembra un disegno di legge che non apporta cambiamenti sostanziali per tante persone e tante componenti della società umbra. Devo ravvisare disattenzione ai bisogni della gente. Non si dà risposta a quelle famiglie che si sono viste sospendere i mutui per la casa a causa di difficoltà economiche, ma neanche ai piccoli artigiani, agli operai e alle famiglie, soprattutto a quelle numerose. Tutta gente che rimane senza risposte, e credo che almeno una piccola parte di essi andava presa in considerazione. Nessuna attenzione al discorso del mutuo sociale, nonostante gli impegni presi in Commissione. Sono deluso per un atto che non aiuta le famiglie e non dà prospettive per il futuro alle giovani coppie che hanno bisogno di mettere su casa”. ADA GIROLAMINI (Sdi-Uniti per l’Ulivo): “OBIETTIVI DELLA LEGGE CONDIVISIBILI MA PERPLESSITA’ SUGLI ATI E RUOLO DEI COMUNI - Non si può non essere d’accordo con gli obiettivi indicati da questa legge, anche se è sempre un problema fare leggi a fine legislatura. La mia riserva riguarda la struttura degli Ati, sui quali servirebbe una verifica che, a questo punto sarà fatta nella prossima legislatura. Infatti, anche se i Comuni hanno sottoscritto l’accordo, si sentono espropriati di una loro competenza, quindi da elementi di coesione possono diventare di conflitto rispetto all’Ambito territoriale. E’ un meccanismo eccessivamente burocratico. Nessuno meglio dei Comuni può conoscere le varie realtà. Inoltre, se in una famiglia c’è un malato ci si deve rivolgere a un dato ufficio, se c’è un problema economico da un’altra parte, per i casi riguardanti minori altro ancora, quindi non si vede nemmeno la centralità del cittadino”. La Scheda Con la nuova legge, “Disciplina per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali”, i 92 comuni umbri, già ora titolari delle funzioni amministrative in materia di politiche sociali, si associano nella gestione dei servizi e di tutti gli interventi nel campo del sociale, a livello dei quattro nuovi Ambiti territoriali integrati, (Ati) che a loro volta organizzano nel proprio territorio le zone sociali, dodici in tutto, corrispondenti agli attuali distretti sanitari. Gli Ati definiscono obiettivi da perseguire mediante i piani sociali di zona, approvati dalla Conferenza di zona, un organismo del quale fanno parte tutti i sindaci del comuni che ne fanno parte. Per assicurare un sistema universalistico e di offerta unitaria dei servizi, la legge introduce i Liveas, (Livelli essenziali di assistenza sociale) articolati in cinque aree di intervento che verranno disciplinate dal successivo Piano regionale dei servizi sociali, ora all’esame della terza Commissione. La legge fissa gli interventi socio-assistenziali distinguendoli in: servizi domiciliari di supporto familiare, comunitari, per l’alloggio, semiresidenziali, residenziali, di accoglienza e sostengo sociale, per la tutela dei minori; introduce il concetto di ‘diritti di cittadinanza’ e vari livelli di welfare; stabilisce le forme di accreditamento delle strutture e prevede la compartecipazione alle spese dei servizi erogati alla persona, calcolandola per anziani e disabili sulla base del reddito individuale del singolo assistito, in quattro fasce che vanno, dalla esenzione totale per redditi fino a 7mila euro annui (minimo Inps) fino al pagamento totale del servizio per i redditi oltre i 28mila euro. La legge affronta il tema della formazione professionale del personale che opera nei servizi, sia dei dipendenti pubblici che di quelli privati (cooperative, enti vari) e istituisce il Forum regionale del welfare, da convocare ogni due anni. L’intero sistema che fa ampio riferimento ai concetti di concertazione, di responsabilità e di attiva sussidiarietà, è cofinanziato dalle risorse provenienti dal: fondo nazionale per le politiche sociali, dal fondo sociale regionale da quello degli enti locali e dai fondi sociali di settore. Per garantire una maggior qualità nei servizi erogati, la legge prevede che nelle gare di affidamento la voce prezzo non incida oltre il 30 per cento. GC/gc /PG/gc/red//

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