Disabilità intellettive, assistenza alle famiglie e gestione del “dopo di noi”
Audizione della Terza commissione dell’Assemblea legislativa con l’associazione “Autismo Ricerca e Terapie”
01 Ott 2025 14:26
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(Acs) Perugia, 1 ottobre 2025 - I rappresentanti dell’associazione “Autismo Ricerca e Terapie” (Auret) sono stati ascoltati questa mattina in Terza commissione, presieduta da Luca Simonetti, nell’ambito di una serie di audizioni con i portatori di interessi propedeutiche alla stesura di una legge sui disturbi del neurosviluppo.
Il presidente di Auret, Roberto Mastalia, ha spiegato ai commissari l’importanza di una strategia basata sul mantenimento delle persone con disabilità intellettive all’interno del nucleo e dell’abitazione familiare, in alternativa ad un approccio che fino ad oggi sarebbe invece stato più rivolto alle strutture diurne e residenziali. Che pure svolgerebbero, è stato spiegato, ruoli importanti nell’impegnare i ragazzi che hanno terminato la scuola. Ad esse andrebbe però assegnato un ruolo residuale, riferito ai casi più complessi o quando i genitori sono anziani.
Dovrebbe essere mantenuta l’assistenza indiretta, con l’erogazione alle famiglie di contributi per coprire le spese, in modo da rendere più sostenibile l’assistenza in ambito familiare. Le strutture che ricevono finanziamenti pubblici dovrebbero relazionare sui risultati ottenuti e sui servizi forniti. Inoltre solo una parte dei finanziamenti destinati alle strutture vanno effettivamente a pagare l’assistenza mentre il resto serve a coprire costi diversi. Una struttura residenziale avrebbe un costo di 250 euro al giorno mentre se venissero forniti 1200 euro al mese alle famiglie, a fronte di spese certificate, a fronte di una cifra molto inferiore si potrebbero ottenere risultati migliori.
I pazienti non dovrebbero essere isolati in strutture lontane da tutto o trattati con psicofarmaci ma restare nella società, senza separarli e la società dovrebbe imparare a relazionarsi con loro, soprattutto quando diventano adulti. Per strutturare un progetto di vita che accompagni un paziente con disabilità intellettive sono necessari fondi a lungo termine. E in un’ottica di lungo periodo l’impegno deve essere quello di pensare ad un loro pieno inserimento, sociale e lavorativo, anche perché tra qualche decennio non potranno esserci strutture sufficienti per accogliere tutti i bambini disabili di oggi, che un giorno si troveranno senza i genitori che se ne prendono cura.
Esisterebbe infine un ulteriore problema legato all’assistenza. Gli operatori delle cooperative non sempre sarebbero preparati e competenti ed anzi in alcuni casi le stesse cooperative non avrebbero interesse ad una loro crescita professionale, per evitare che si mettano in proprio una volta formati. Per quanto riguarda le Asl dell’Umbria, non sarebbero attrezzate a fornire progetti personalizzati e mancherebbe persino la possibilità di fare logopedia. MP/