(Acs) Perugia, 18 marzo 2011 – "L'incidente nucleare alla centrale di Fukushima, minimizzato dal governo italiano mentre per il Commissario europeo era apocalittico fin dalle prime ore, per le sue dimensioni e conseguenze sta mettendo in secondo piano gli effetti del pur gravissimo terremoto giapponese e riapre in Italia una battaglia di civiltà e di progresso a favore delle energie rinnovabili. Non facciamoci raggirare dagli affaristi e dai politici che sono al loro servizio ed utilizziamo il referendum del 12 giugno per dire no ad una scelta sbagliata e dannosa per tutti noi". Orfeo Goracci, consigliere regionale di Prc Fds, interviene su quanto sta accadendo in Giappone, riproponendo le considerazioni da lui fatte a Gubbio, a nome del presidente del Consiglio, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia.
Dopo aver evidenziato che in Italia, paese ad elevato rischio sismico, nessuna delle regioni con territorio idoneo alla costruzione di centrali nucleari, ha dato la propria disponibilità ad accogliere le quattro centrali previste dal governo che fornirebbero al massimo il 2 per cento del fabbisogno energetico italiano e verrebbero realizzate non prima di15-17 anni, Goracci così prosegue: “Perfino i supernuclearisti Testa e Veronesi, rassegnano le armi ed abbassano i toni arroganti e sprezzanti che da anni usano verso chi avanza da sempre dubbi e perplessità sulla ripresa del nucleare in Italia. La vicenda giapponese segnala e sottopone con assoluta evidenza all'opinione pubblica mondiale un elemento su cui dobbiamo seriamente e responsabilmente riflettere.
A distanza di qualche giorno dall'evento emerge – aggiunge - un quadro preoccupante sulla gestione dell'impianto di Fukushima che non riguarda solo la sicurezza. In uno dei reattori di quell'impianto vecchio, rattoppato, con controlli poco trasparenti, con procedimenti e condanne in capo alla società che ne è proprietaria e che lo gestisce, veniva utilizzata una miscela di elementi rigenerati in Francia con aggiunta di plutonio, sostanza carica di radioattività grandemente più nociva per le persone e l'ambiente dell'uranio e che impiega decine di migliaia di anni per decadere e non essere più dannoso.
Tutto questo – sottolinea Goracci - è successo, e lo diciamo con senso di disperazione pensando ai cittadini direttamente investiti dalla radioattività che non possono neanche evacuare perché nessun paese ha le condizioni per spostare da un luogo ad un altro decine di milioni di persone, nel moderno Giappone, ipertecnologico, modello di efficienza che sa convivere con una natura non sempre amica.
Il fatto è che quando l'energia, così come l'acqua, per altri aspetti e per una rilevanza che ancora non è emergenza ma che lo sarà per la prossima generazione, da beni comuni, disponibili per un uso sociale, diventano territorio di conquista del profitto privato, tutto diventa più complicato, non trasparente e quindi non controllato.
Chi fabbrica impianti per produrre energia nucleare, cerca di vederne il maggior numero possibile. Chi vende energia da nucleare vuol produrne e vederne la maggior quantità possibile nel più breve tempo possibile. Ed i costi delle dismissioni delle centrali, impianti contaminati e scorie radioattive, restano a carico dei paesi dove sorgevano.
Economicamente sarebbe un buon affare per le imprese impegnate a costruire gli impianti, così come per Enel, azienda privatizzata e monopolista, che avrebbe investimenti pagati dallo Stato ed energia a basso costo di produzione da vendere a prezzi molto remunerativi”.
“E' per tutto questo – conclude Goracci - che riteniamo che il nucleare non sia la risposta migliore e più tempestiva al fabbisogno energetico del nostro paese. Abbiamo da subito pronti ed utilizzabili sole e vento, che possono dare una immediata risposta anche al rilancio della tramortita economia italiana”. GC/